CAPCOM SPORTS CLUB di @Luca
Abiusi
Vi
è il tennis con le bambine, prima, che è un tributo ai tennisitici della Human, della
Namco. Ma con minore struttura, in sala giochi. E poi il calcio a cinque, coi tiri che
ovalizzano il pallone. E il basket, infine, col character design che riprende il
tratto di Jacovitti. Sia testé scritto con penna d’oca e calamaio che Capcom Sports Club
è il
Wonder
3 dei videogiochi sportivi. Il che significa che Capcom si mette a fare. A dire.
A decidere che voi potete anche realizzarlo un videogioco dove ci sono i canestri, le
porte e le racchette, ma dovrete dapprima piegarvi all’arte del gameplay di Nostro ufficio.
Sia gentile. Per favore. Adesso che s’è indotti a subire il raffermo seriale di
Electronic Arts, in ottobre a dispensa di replicatori calcistici opportunamente pensati
per insinuarsi dritti nell’uretra del consumatore iscritto al Popolo delle Libertà,
l’ultimo accesso al videogioco dove ci si prende a pallate in gaudio e gaiezza sembra
stazionare negli archivi delle Rom del MAME, l’emulatore. Ché adesso Noi realizziamo che
la giocondità è resa a forma di amarcord. Affatto in funzione dei ricci e
dei capricci di quattro spastici che pensano di poter determinare le dinamiche del
mercato. Affatto in ordine ai grandi capitali che confinano il Nostro Ueda nell’incavo
dello sviluppo semi-indipendente, ed è già tanto se
The Last Guardian
uscirà prima della fine del mondo, attesa per il 21 dicembre del 2012.
Capcom Sports Club è la giostra della
felicità in due dimensioni. Quindi Capcom intercede al metodo della dissimulazione per
definire comunque il segno descrivente degli sport presi a modello, talché l’irrealismo
concorra a incurvarsi a una definita volontà di replicazione dell’atto coercitivo. In
Smash Stars, la pratica del serve and volley si consuma in modo assai plausibile,
come anche l’esecuzione del passante a incrociare. Il ritmo è sostenutissimo. E con ciò,
il timing s’arreca all’anticipo, incoraggia lo scambio prolungato, si arrende a
una fisica dei rimbalzi clamorosamente plausibile. La accelerazione si ottiene solo a
seguito dell’impatto perfetto, e benché le dinamiche comportamentali di
Final Match
Tennis siano distanti dall’essere sintetizzate per il tipo di interazione arcade,
Capcom fa sì che la trasformazione dei colpi avvenga a concorso di piazzamento preventivo
e in accordo alle caratteristiche delle atlete virtuali. Tre tasti. Spin, colpo potente e
pallonetto. Nel caso di Kick Stars gli stessi vengono commutati in tiro, passaggio e
dribbling con palla al piede. Interessante come quest’ultimo sia combinabile al tiro e
quanto diventi efficace in forma di elusione di un tackle frontale. Possibilità di super
shot e meccanica alla Super Sidekicks per rimanere sul territorio dei falli
arbitrari, della rissa e della ressa, del classico gioco del calcio in cui si deve
produrre il casino del premere forte, possibilmente più dell’avversario. Estesa selezione
di squadre e intensa velocità.
Dunk Stars è il basket della stoppata, dell’aggiro. Ma
anche della schiacciata, quando rasenti il canestro si viene a collisione col tasto del
tiro e i pupazzi vanno su, restandovi per mezz’ora. È così. Mentre Capcom mette il
sigillo sul tema dello sport in pixel conquistandosi il vertice dell’azione, la
vetta assoluta riferibile al diversivo dello sport da praticarsi in razzolo di popcorn,
succhiando bibite gassose, l’intero settore delle simulazioni è declassato a pietra
tombale del videogioco. Capcom Sports Club è il club esclusivo dell’esteta del
divertimento, un oggetto di eclatante divagazione cui ubbidire in quanto sfrenati apostoli
del capcomismo, questa branca dell’elettronica che pur scrivendo su schede
tecnologicamente antiquate determina lo stato dell’arte della bidimensione applicata.
L’impianto estetico è “lo sfarzo”. Colori e dettagli vanno a festa in direzione
di un tratto anatomico che è proteiforme prima ancora di diventare omaggio al fumettismo,
contribuzione assai colta verso le visuali alternative allo stereotipo dell’anime
style. Capcom Sports Club è amicizia. Suona temi di amicizia e
festosità per indurci nella tentazione delle melodie leggere ed armoniose e
liberarci dal male del grigio fotorealismo Amen. Oggi, in data 21/12/2011, a
un anno esatto dalla fine del mondo, ci siamo presi uno di quei panettoni
tutto compreso, dove per dentro ci mettono lo spumante e il pan di stelle
della fantasia. Poi ci siamo piazzati davanti al MAME, coi boxer color
sangue in ossequio al Santa Claus di Futurama, e abbiamo detto alla servitù
di sbarrare le porte.
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