GUNDHARA di @Luca
Abiusi
Raiden II e
Smash TV.
Li si metta in copula e vi si estragga poi Gundhara, l’ammazzatore
Banpresto più che verticale che s’era provato a battere in tardo Novantasei presso
Futura, che era la sala giochi per ragazzi alla moda avente sul retro il bowling coi
birilli di cartone. Erano i tempi in cui le sale cominciavano a liberarsi della funzione
di aggregante per socialmente inabili, e qualche anno ancora e i videopoker avrebbero
preso a sostituire i cabinati, e qualche anno ancora e la dipendenza (ingenua) da coin-op
avrebbe abdicato in favore della obbedienza a polveri bianche messe in dispensa proprio
lì dove, un tempo, si era usato barattare fior di gettoni conio 1980 per dosi di miraggi
elettronici a breve durata. Gundhara spara. In verticale, in diagonale, in tangenziale.
Grande quantità d’azione si stringe ai fuochi degli eroi coi fucili in costante upgrade,
e ci sono queste icone in mutazione che dicono di opzionare l’arma che più s’adatta alle
proprie esigenze di guerra termonucleare di terra.
Banpresto fa presto a elaborare pluridirezioni
con intrusioni à la
Shock Troopers 2nd
Squad per non fare che il gameplay
diventi un onesto progredire di meccaniche. Si inserisce opportuno il mezzo robotico coi
cannoni che oltre a smontare lo schermo può anche calpestare gli omini nemici in trionfo
di agglomerazioni di pixel e morte, ed è appunto questo blocco di sostanza bidimensionale
che si degrada a generare, per Gundhara, l’apoteosi dello spara e fuggi di classe A,
ovvero quel genere di titolo di genere che riesce a modificarsi in aggancio a
feste di mezzi esterni studiati a contaminazione delle dinamiche classiciste che erano
state il crocevia del verticalismo nuovo di
Commando e
Ikari
Warriors. Non ci si aspetta di montare in sella a un chopper, superato il primo
livello, né di dover agire di sbandamento per buttare fuori strada i mafiosi. Poi arriva
l’elicottero e la situazione ritorna agli standard dello scansamento di proiettili e del
lancio di smart bomb, che servono sempre in condizioni estreme, eppure l’intrattenimento
conserva sostanza anche quando raffermo sulla mera ostentazione del casinismo arcade.
Torna utile la spazzata: vi è un terzo
pulsante che attiva calci circolari da performarsi in zona d’accerchiamento, per liberare
gli schermi da questi gruppi di pupazzi che sembrano formiche, tanto sono tanti. Eccelso
il sistema di controllo. Si spara in fissaggio della direzione, mantenendo premuto, così
ci si può concentrare sui pallini che arrivano abbondanti. Si impari a variare l’arma: il
laser a centratura multipla di Raiden II sembra essere l’attrezzo più dotato in
termini di lunghezza e prestazioni, benché il lanciarazzi acquisti un certo significato
nelle fasi avanzate, ché si può far strage di cattivi quando questi aumentano e non sai
dove andare e cosa fare. Ad aumentare il punteggio ci pensano gli ostaggi. Li si renda
liberi. Quindi estetiche, i colori. Orbene il monitor mostra cose che si muovono
in fluidità, mostri ingombranti agire ostili verso gli eroi. E Banpresto sa quello che
vuole: la massa. Il casino. Gundhara smuove quintali di ometti e congegni e detriti ed è
il mattatore del veglione di capodanno, stappa lo champagne dell’allegria col
cappello a punta e le girandole che suonano, per fare la baldoria e il fracasso di Capitan
Fracassa, il baccano del trenino della felicità, Brazil Brazil e l’amico
Charlie Brown. Suonerie interessanti, mentre si spara, mentre si uccide, durante
l’amplesso. Suoni giapponesi di action movie di successo. Effetto
incline al metallo che si espande coi mille gradi del detonare furioso, ed
occorre un secondo vivente privo di vulva che s’aggiunga in corsa al
battagliare del bersagliere con la tromba e la treglia di un metro e mezzo,
e gli occhiali da sole.
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