ROLLING THUNDER
di @
Luca Abiusi

11161001.png (39361 bytes)Può trasfondere claustrofobia, Rolling Thunder, nell’Ottantasei. Folgorati dalla struttura a scorrimento d’impronta Namco si concluse che non doveva essere un semplice platform, con questa andatura evidentemente anomala, per il periodo, che prevede la possibilità di utilizzare armi da fuoco col limite delle munizioni che esauriscono. Il protagonista può balzare verticalmente sulle piattaforme sovrastanti o sottostanti, un po’ come avviene in Shinobi. In sala giochi si diceva: “facciamo una partita a 007”. Del resto Rolling Thunder, coi suoi continui riferimenti alla saga di James Bond, avrebbe potuto essere un perfetto tie-in dedicato, e in molti ancora si ignora la reale titolazione del gioco: «Luca scusami ma ti ricordi il titolo di quel gioco dove stavano i nemici incappucciati e uno che sparava tipo 007?», «sì, ma non te lo dirò mai». I più esperti utilizzatori di Rolling Thunder facevano ricorso al trucco del torno indietro perché sono uomo di mondo e scopo, dal momento che ottenuta la prima infornata di munizioni si può varcare la porta apposita per nuove ricariche formato mitra, e così per diverse volte, tempo permettendo. Perché bisogna far presto, ché hanno rapito la nostra Leila e chissà che le fanno, se non arriviamo.

Se la sparatoria gratifica l’immediatezza del gameplay, ponderare l’utilizzo delle armi diverrà opportuno allorché vomitare proiettili senza criterio porterà a capitolazione certa. Quindi una saggia ottimizzazione delle risorse determinerà, quasi certamente, una buona qualità della vita nello stage delle iene (erano iene?) e dei pupazzi di lava. Avremo comunque a disposizione una barra energetica che potrà tollerare due “errori”, siano essi cagionati da un proiettile o dalla semplice collisione con un nemico, un po’ come succedeva con l’armatura di Arthur in Ghosts’n Goblins. Il ritmo sostenuto non concede zone morte e questo condanna il manovrante a uno stato di apprensione perpetua in prossimità delle porte, poiché ben sai che queste tendono a spalancarsi. A vomitare scagnozzi. La questione longevità, in un videogioco rigido qual è Rolling Thunder, è un fatto soggettivo. Imparare la disposizione di nemici consentirà, dopo un discreto training, di giungere agli stage avanzati ricorrendo a giusto un paio di endovenose di adrenalina. Ma anche sotto narcosi dubitiamo sulla effettiva volontà del videogiocatore di ripetere lo stage dal principio in caso di morte accidentale, in territorio ultimo livello, quando già si pensa a stappare lo champagne e si è con la testa alla cerimonia del trionfo, nel post-sala, con gli amici muniti di assegno settimanale di Lire 1000 a raccogliere gli schizzi. D’altra parte siamo nell’Ottantasei. Non puoi mica chiedere a Namco di limitare il discorso della frustrazione.

Visivamente siamo su buonissimi livelli. Risulta particolarmente apprezzabile il design degli sprite, assai caratterizzati e animati in ottimo stile nel caso dei monumentali cattivi tipo ku klux klan verde e blu, ma anche viola, e funzionante l’intera architettura a scale e blocchi, a circoscrivere l’ambiente e determinare il cliché della tana del nemico che ti attende al varco col trucco, ché non puoi che perdere la vita quando la bomba ti arriva improvvisa, da sopra. Seppure fisso nel tracciare una geografia chiusa e cromaticamente lineare, Rolling Thunder realizza nel minimalismo delle grafiche la sua virtù essenziale, ché ancora si rammentano quei luoghi di pilastri grigi e pareti verdi, di mostri gialli e mostri blu, di sotterranei fatti apposta a preludio della perdita della vita extra che s’era guadagnata versando sangue. L’accompagnamento musicale è atroce. Ma non in senso necessariamente dispregiativo, ma proprio per via della ridondanza (atto intenzionale della cattivissima Namco degli anni Ottanta), per via di questo motivo che si ripete all’infinito e che vorresti che smettesse di ripetersi all’infinito, ché ti entra nel cervello il motivo e va a finire che a scuola, il giorno dopo, non senti che quel motivo durante l’interrogazione di italiano. Gli effetti sonori restano nella media delle produzioni appartenenti a quel periodo. Ché i microchip audio erano quello che erano, in quel periodo. Ora sì, estetica. Eppure il fattore predominante, quello che incide sul destino del titolo, s’appresta col tarlo della fruizione compulsiva, appresso la necessità di doversi torturare anche dopo aver speso fior di gettoni e aver compreso che, probabilmente, sarà il banco a prendersi tutto.









 

  Piattaforma Coin-op
  Titolo Rolling Thunder - ローリングサンダー -
  Versione Giapponese
  Anno immissione 1986
  N. Giocatori 1
  Produttore Namco
  Sviluppatore Namco
  Designer ??
  Compositore Junko Ozawa
  Sito Web www.namco.co.jp
  Sist. di controllo Digitale - Joystick
  Numero tasti 2
  Orientamento Orizzontale - Yoko Mode
  Scrolling Laterale
  Risoluzione 288 x 224
  Formato PCB - Namco System 86
  Emulazione Completa [testato su MAME]
  Genere Action / Platform
  Rarità
  Quotazione 150 - 200 €
  OST Sì [Game Sound Museum - Namcot - 10 Rolling Thunder, 2004, Scitron Digital]

  Sempre nell’86 interviene una seconda versione di Rolling Thunder (New Version) portante modifiche nello schermo dei titoli, nelle musiche, non meno per l’aggiunta delle continue e della facoltà di scatto di una vita extra. Il tempo limite, inoltre, è ridotto a 150 secondi. Rolling Thunder fu il primo coin-op a fare uso di architettura Jamma. Nell’inverno del ’92 il videogioco doveva uscire per il Lynx, e sarebbe stato eccelso. Se non che Atari realizzò in seguito di convogliare le sue risorse economiche d’avanzo – era già chiaro che il portatile non avrebbe venduto – verso i dipartimenti hardware del Jaguar, per cui tutti i progetti in essere per il Lynx vennero abbandonati. Invero anni prima il videogioco era stato introdotto ai personal computer dalla esecrabile Tiertex, che allora ne fece un pasticcio di rallentamenti e scatti anche su 16 bit (su Amiga il suono era notevole, ma solo quello); l’edizione Spectrum, pur monocromatica, fu però interessante. Difatti questa sembra essere l’unica versione per computer non realizzata da Tiertex. Sul Nes Rolling Thunder seppe essere discreto per diversione di grafiche, modalità di inserimento password. A fine anni Novanta il videogioco compare in forma di arcade perfect su PlayStation per la Namco Encore. Su PSP, tempo dopo, sarebbe spuntato nella Namco Museum Battle Collection. Negli anni Duemila, il titolo otterrà riedizioni per PlayStation 2, XBOX, Gamecube e Windows PC (Namco Museum 50th Anniversary). Il titolo è inoltre presente su Wii via Virtual Console.