SHINOBI di @Luca
Abiusi
Infine
osservi
Shinobi imporsi a
icona entro un intervallo di tempo che inizia dal suo collegamento alla presa
di corrente di una qualsiasi sala giochi e finisce alla sera dello stesso giorno
col gestore che deve cacciare i ragazzini che vi si sono incollati in quanto
Shinobi è videogioco assolutamente abile a descrivere il platformista, a scrivere che il
genere del ninja che arrampica e fa le giravolte ha origine qui, a metà anni Ottanta,
in una qualsiasi sala giochi. Lo si
redima su PC Engine – notevole conversione – o su MAME in caso si cercasse la
assoluta fedeltà e non si dica poi che non è, lui, il prototipo dell’action game di
dieci anni fa, quello accorpante le tipiche condizioni di circuizione che portano le
utenze a consumarsi le dita, le membra. Ma per quanto Shinobi generasse
bidimensioni di sincero mestiere, per un tipo di consumo che non dovesse
distanziare lo stereotipo, si deve ravvisare nell’87 il rinnovamento dell’infrastruttura, il plusvalore del disegno di
gran definizione e del ninja tutto stile, la volontà di costringere il protagonista nel
manifesto della personalità artificiale trabordante. Vi è un arsenale evidentemente spettacoloso.
Shinobi dispensa materiale in pixel di evocazione e gestisce i momenti di impasse
adducendovi l’atto della diversione, procurando meraviglia.
Questo di Sega è titolo lineare per deambulazione, lancio
di stellette, ma è puranche opera di flessibilità quando rileva il nemico in vicinanza e
sguaina spade, e quando libera ostaggi, acquisice armi nuove tipo mitra. Oltre il classico
salto sulle superifci l’impalcatura orizzontale prevede la alternanza verticale con un
piano di gioco posteriore, interagibile tenendo premuto il tasto del salto con la levetta
in su. Sarà opportuno addentrar la tecnica, entrarvi in simbiosi acché divenga d’uso
infilare il sopra e sotto di evasione, per eludere il contatto al pixel, rifuggire
l’inatteso accerchiamento. Si impari a memoria la disposizione dei nemici. In condizioni
limite è consigliabile ripiegare nell’incantesimo di supporto, eseguibile previa
pressione del tasto tre, che possibilmente spazzerà via l’intero blocco di sprite
stazionanti a schermo e farà gran male all’eventuale guardiano. Ci si trova difronte a un
platform schematico ma non banale. Il livello di difficoltà abbastanza cattivo volge ad
assimilarsi attraverso la routine del pattern, sacrificando un discreto numero di gettoni
per acquisir tempistica, per entrare in completa sintonia con le meccaniche di uccisione e
di salto, per scoprire i punti nevralgici del boss e agire di occorrenza. Vi è da dire
che le intelligenze nemiche, pur entro i limiti della ritornanza strategica, tendano a
variare i metodi di attacco, e questo è un bene dacché si vedrà ceffi tirar di spada,
sparare, attaccare dalle spalle, scagliare la sciabola come fosse un boomerang.
Malgrado la evidente semplificazione del gameplay, il level
design è studiato su carta. Ci si avvede, nella programmatica successione
platformista, della volontà di istituire una azione continua, priva di pause, una danza
che non dia quartiere all’improvvisazione e nella quale ogni movimento si incasatri al
successivo a creare una catena di eventi sequenziali: storie di platform degli anni
’80.
Eppure Shinobi introduce la variante essenziale del quadro alternativo, sullo stile di uno
sparatutto in soggettiva alla Dynamite Duke, a mezzo cui fare incetta dei ninja
del clan avverso che attaccano avvicinando la telecamera, e vien reso assai bene
l’artefatto dell’allungamento spaziale, della prospettiva. Del resto la tecnica visuale
può essere, nell’Ottantasette, un metro di riferimento per il settore: il ninja
interagisce su vaste geografie di agglomerati urbani, foreste intricate, animandosi in un
contesto semiclassico piuttosto generoso in termini di dettaglio, parallasse. La
caratterizzazione del ninja è convincente sul fronte dell’intercalo, per questo animarsi
di fotogrammi che pur stringati realizzano una sufficiente plausibilità, visualizzano una
postura evidentemente realistica nonché una sequenza, quella della moltiplicazione
Shinobi, semplicemente da antologia. È possibile che i nemici si muovano un po’ a scatti,
ma in compenso vi è una certa diversità di colorazione dello sfondo e una accertata
fluidità di scorrimento. Shinobi è un platform di essenza, reminiscenza. Assai popolare
nel periodo della sua militanza in sala giochi, e convertita per un numero indefinito di
sistemi domestici, la opera della Sega mantiene intatto il suo fascino iconoludico
proponendosi alle nuove generazioni con un bagaglio di idee arcaiche ma funzionali al puro
divertimento.
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