Che
qui da noi è noto come Super
Castlevania IV, primo adattamento della saga portante di Konami per Super
Nintendo nonché opera di interesse culturale di inizio anni ’90. Il vigoroso Simon
Belmont rimette mano alla frusta e ancora una volta si arreca impavido alle armate del
conte Dracula, la cui riserva di sangue doveva evidentemente essersi esaurita. L’orrore di
Castlevania si riforma in un contesto bidimensionale evoluto grazie alle nuove tecniche di
programmazione a sedici bit, e per quanto il titolo mantenga costante il richiamo alla
trilogia del Nes in creazione di piattaforme e resoconti visuali classici a
scrolling d’orizzonte, vien consumandosi una geografia più estesa – ed esteriore
– a riscontro con i precedenti cimeli ad avanzamento arcade che meglio
si orienta al modello direzionale nuovo, all’incursione nel
sottopassaggio che diventa un incubo in cui ruota tutto. Konami vuol determinare
il trapasso di un’epoca. Ma vuole anche instradarne una che si voti alla nobilitazione del
videogioco formato silicio.
Al che Akumajou Dracula, canuto come le
tenebre e aggravato all’onirico, evocatore di forze oscure e sacrilego a
mischiare il simbolismo cristiano al paganesimo spinto attesta il segno
della maturazione del
platform
game opzionando suoni d’apertura che preludono l’incanto che s’avvera a
seguito, l’ascendere di coreografie a due dimensioni che si prestano a un
luogo metafisico eppur riferibile,
che si rimanda al rigore evocativo del marmo scolpito; Super Castlevania IV
avviene sul
Super Nintendo a rimodellare la saga sulla via del parallasse e attraverso lo
svecchiamento delle suggestioni audiovisive: la sequenza del ponte levatoio, leggendaria,
approda verso una concreta riscrittura del metodo di consumazione, per cui lo sfondo si
anima, i ponti crollano, i fantasmi danzano, i mostri raddoppiano in
dimensione restituendo centrale l’animazione del Belmont, che per vincere la
scena e aggiogare le visioni arcaiche e arcade di matrice Konami
manco bisogna di fluidezza, ché in questo
rancidume vetusto di ragnatele e castelli il biframe dell’eroe sterza, deciso, verso il
munifico. Il Mode7 delle rotazioni fa in tempo a non essere invasivo. La distorsione della
forma dimensionale ha luogo come proiezione del movimento e si realizza a margine della
mutazione angolare e letterale del racconto, suggendo i versi di
una colonna sonora impossibile,
sconfinata che apre a scenari di solcabile austerità a tocco d’organo, per realizzare
medioevi pop. Postmoderni. Masanori Adachi instilla la definitiva percezione del
fantastico.
È tuttavia il gameplay di cadenze, di
struttura, di scrittura, a sancire i tempi di gioco, a realizzare il disegno di
trasmutazione verso l’irreale impensabile, e non è pensabile di scollarsi da una
simile, clamorosa
fascinazione di cavalieri maledetti, pipistrelli, lupi mannari, croci, aglio, vampiri,
fantasmi, monaci scomunicati, scheletri viventi, zombie, cimiteri, aripie, draghi
e antri
infernali dopoché per anni, in sala giochi, si è stati cullati (e nutriti)
dagli incubi virtuali della Capcom. Vi è un nuovo metodo di indirizzamento
della frusta. Che adesso mira in tutte le direzioni consentite dal joypad a
intensificare l’azione e ampliare notevolmente le vie d’offesa. Inoltre,
esercitando pressione continuata sul pulsante di fuoco, e agendo sul d-pad, la
frusta è in grado di roteare su sé stessa a funzione di elica, coprendo
l’intera area circostante Simon Belmont. Per non dover parlarvi di questa meccanica ad agganci
con cui ci si appende alla Bionic Commando e si affronta fior di balzi acrobatici
assai utili, per non dire essenziali, quando lo schermo incomincia a muovere
il suo asse di rotazione e
diviene urgente centrare l’appiglio sovrastante, per non cadere nel baratro.
Concedeteci
allora di addentrarci nelle foreste che annunziano il castello, acché Noi si possa divenire
dipendenti di questa mistura di estetiche e cenci, che ricerca il dettaglio ma anche un
suo punto d’intermittenza con il level design e il seguente
bellicoso atto della spazzata, come in dovere di essere i fautori diretti
del corollario delle tecniche di resistenza e di evasione, innanzi le
creature. La rudimentalità concettuale di Super Castlevania IV, platform
di remote stimmate, conduce al prototipo del videogioco per console e al
principium della perpetuazione dell’opera visuale. Un videogioco
polveroso quanto un antico scritto, questo di Konami, che ci apprestiamo a
elevare a classico.