FIGHTIN’ SPIRIT di @Luca
Abiusi
LightShock
Software realizza il tipico esempio di software house meteora portante
entusiasmo che dura il tempo di un paio di videogiochi e che dismette in
seguito al collassamento del settore di mercato che ambiva a conquistare. Fatto
sta che dietro all'etichetta vi è questo gruppo di talentuosi
coder italiani che se ne esce con Fightin’ Spirit, titolo
nientemeno capace di vincere il premio di miglior
gioco Amiga del 1996 (MCV Award), imponendosi per qualità superiori alla media.
Effettivamente, già a vedere scorrere l’intro si intuisce il grado di
complessità bidimensionale del prodotto: animazione in completo ray tracing,
suoni esplodenti nel brano heavy metal cantato che per
finezze acustiche rievoca i leggendari componimenti vocali di Richard Joseph,
lavoro di montaggio assai grasso. Di certo il videogioco perveniva in un
periodo non così favorevole per la piattaforma ex-Commodore, quando anche
Escom – che nel Novantacinque ne aveva rilevati i diritti – chiudeva
la sua divisione Amiga Technologies e dopoché la folta comunità degli estimatori aveva anch’essa
cominciato a migrare sui sistemi Microsoft.
La letteratura del picchiaduro Amiga riporta
come
Shadow
Fighter estraesse il suo gameplay dalla saga di Street Fighter,
e di come Fightin Spirit si riferisse, al contrario, alle serie a picchiaduro della SNK;
a partire da queste Dynamic Style imprime corpulenza alle
anatomie
dei lottatori (piuttosto grandi e dettagliati) e crea il sistema di gioco
tecnicista e di ostentazione, dove le mosse siano di coreografia. Da qui le metamorfosi dei
combattenti, aventi ognuno uno spirito animale da scatenare attraverso la
classica combinazione tra croce digitale e tasti. Pensandoci, è il sistema di controllo a
dispensare le migliori potenzialità
del pestaduro, visto che i precedenti beat em up apparsi
sul computer Commodore non avevano mai pensato di adoperare joypad multitasto.
Per cui si ottiene la piena compatibilità con il controller del CD32, del Mega
Drive e comunque con tutti i
joystick che supportassero i due tasti separati. Per tecnica grafica,
Fightin’ Spirit è considerevole: malgrado la latitanza dello scrolling
differenziale si può
usufruire di un agglomerato in pixel di manifesto dettaglio, e nondimeno di
stili cromatici tendenti al luminoso, a rinverdire le pratiche del
picchiaduro turistico. Considerati i limiti di memoria del sistema è inoltre
sorprendente la qualità delle animazioni sul lato della fluidità e
dell’intercalare per fotogramma, ancor di più se si guarda all’imponenza
degli sprite, che tendono a occupare un terzo dello schermo.
Generalmente ricche intervengono le fasi di intermezzo. Sin dalla
schermata di selezione degli attori, passando per le strisce animate che
introducono il
combattimento si rileva interessante il character design convergente
al manga; tra un quadro e l’altro vi è il bonus a mezzo cui prendere a
randellate e disintegrare oggetti inanimati un pò come accadeva in Street
Fighter II, solo che in questo caso al posto della macchina c’è un
elicottero militare. Il combattimento è presente. È inoltre rilevabile in
fase di scontro la volontà di esercitare una intelligenza artificiale di
deterrenza al button mashing rispetto alle azioni extra, cosicché una sfera
di fuoco mandata a impatto come anche una trasformazione di riparo non siano
qui performabili a oltranza ma bensì in ragione di un contesto di
preliminare strategia, e pur quand’anche opzionando un livello di difficoltà
più basso tali accorgimenti tendano in effetti a venir meno Fightin’ Spirit
resta interessante nel medio consumo coi suoi due personaggi sbloccabili e
il di lui notevole numero di combinazioni per figura. Il suono. La console
suona tracce da solco CD: non si tratta di riversamento da Amiga 1200. Il
missaggio risulta amplificato e quindi il già soddisfacente lavoro di
sintesi da chipset operato in ambienti AGA ed ECS viene reso su strumento
reale e senza il limite di compressione. Il videogioco c’è. Non sarà pesante
quanto un Fatal Fury Special, ma sa come picchiare duro.
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