JIM POWER in Mutant Planet di @Luca
Abiusi
“Il colore soprattutto, forse ancor più del disegno, è
una liberazione”...Henri
Émile Benoît Matisse
Quando Chris Hülsbeck scrisse la colonna sonora di Jim Power
non aveva possibilmente realizzato di aver demolito il chip audio di Amiga.
Ma poi in effetti quel che fece Fernando Velez, un perfezionista, uno che la notte
predilige studiarsi i manuali dell’Assembler e dell’Arexx per triplicare la
palette dell’ECS col display fisso in overscan, uno che è in grado di
crearsi un compilatore per emulare gli sprite hardware delle schede coin-op, uno che quando gli chiedi se
vi è modo di convertire Street Fighter III: 3rd Strike su Amiga 1200 ti
risponde che gli basta un Amiga 500, uno che se la schermata non scorre a cinquanta herz
saldi o se anche un solo sprite mostra segni di flicker riscrive tutto da zero finché
ogni struttura bidimensionale non sia in tutto allineata alla sua ossessione di scrolling
perpetuo e supercolore, va ancora più al di là dello spremere i processori
custom dedicati poiché di fatto l’autore rende agli astanti (a Loriciel) il
formulario del platform game.
Con oltre 200 versioni di colore
aggiunte al mirabile orizzonte al parallasse e animazioni dalla fluidità
terrificante, l’opera di Fernando Velez affianca il cliché e provvede
austera a fornire il sincronismo tra platform
e shoot ’em up, per così insinuare l’alternanza dei due differenti stili; tramite
un jet pack il protagonista affronterà il volo attraverso un mondo di
allucinazione, sovente oscurato dai lampi dello sfondo e intriso di pioggia
sottile, a far da preludio alla
tempesta. Qui si può riconoscere un chiaro tributo ad
R-Type durante lo scontro
con la astronave gigante, che punta i cannoni e che si abbatte a blocchi. Visioni bibliche
di alieni-zombie ed eccessi cromatici estensivi riportano il nostro sulla terra ferma in
situazioni alla
Ghouls’n Ghosts
di struttura standard; per aumentare le aspettative di vita sarà d’obbligo
acquisire i potenziamenti dell’arsenale, che
vanno a incrementare il rateo di fuoco o il numero di smart bomb sganciabili per livello,
ma si dovrà anche agire in funzione del tempo, nonché estenderlo acquisendo le
disposte icone a forma di orologio. Vi è una certa quantità di materia. Le piattaforme
appaiono e scompaiono velocemente allo scopo di annullare i periodi di
rastrellamento semi-disimpegnato, quelli in cui non si deve far altro che
sparare ai nemici, quindi in prossimità della fine dei quadri si dovrà
considerare il classico colpo di frusta, l’ultimo apice di ostilità prima
dello scontro col mostro. E non è scherzoso l’ostacolo, lo spuntone che
se non balzi all’anticipo infila e uccide.
La monodirezionalità dello scrolling non è,
in Jim Power, un fattore tranciante. Il level design è invece genuflesso alla
arcaicità e si avvertono solo marginalmente i sintomi della ripetizione degli schermi; la
imposizione del pattern, che per retaggio dei coin-op su processore Motorola 68000 tende a
frustrare la tenacia del quindicenne prototipo, restituisce ad Amiga la tradizione della
progressione laterale trenziana, esplodente come una partita a
Turrican.
All’interno di questa ricercata razionalità Velez immette delle routine comportamentali
immutabili e fisse che pure reggono la confusione e che anche nella intrinseca ripetizione
costituiscono il motore del gameplay. La assenza dei continue viene in ogni caso
compensata dalla massiccia presenza di vite extra, recuperabili in destrezza già durante
le fasi iniziali. Prevale la necessità di superare i livelli: folgorati dagli arancioni
accesi del primo quadro, dal multiplayfield che mostra uno sfondo alieno di
immane finezza, si proseguirà nella mansione di acrobati della piattaforma finanche a
seguito della cessazione brutale della partita, proprio a un pixel dal boss del terzo
stage. E poco importa se qualcuno è preso dallo sconforto di dovere rifarsi tutto: il
commento sonoro di uno Hülsbeck in stato di assoluta grazia, impegnato a irradiare slapping
di bassi sintetizzati e a immettere elettricità nel sound delle
tastiere, che ascolti e ne vuoi ancora e sei quasi portato a morire
volontariamente poiché ti vuoi risentire il brano del primo livello, aiuterà
a reimmergersi senza eccessivi traumi nel pianeta dei mutanti. E questo è
quanto il lettore deve sapere riguardo a Jim Power, opera di qualche mese
succedente a Risky Woods e che precede di circa un anno il
monumentale Lionheart della Thalion, il quale avrebbe in effetti
concluso quest’epoca di ultima affermazione del platform formato
Amiga.
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