LEMMINGS di @Luca
Abiusi
Dicono che il lemming sia ad uso di tuffarsi nel vuoto
e di perire: mero folcrore. In verità può accadere che il roditore migri in
massa, e che la massa sia tale da cagionarvi l’occasionale trapasso di là
dello scoglio. E non perché questi sia votato al suicidio. A ogni modo ben
fece DMA Design a riconvertire la leggenda a suo vantaggio, quando ideò Lemmings, in pieno
Novantuno, reinventando il puzzle game. Vi è questa nuova
interfaccia di gestione dello schermo in tempo reale, e a tocco di mouse. Le
creature si muovono libere ma possono rispondere a comando, e fanno
esattamente quel che vien loro impartito, sul momento, di volo, ché se premi
anche un decimo di secondo più tardi puoi di grazia innescare una reazione a
catena che di sicuro porterà la ciurma a dipartire, e in modo violento.
Lemmings è il rapporto di causalità applicato al videogioco. Si deve
prevedere il futuro. Calcolare le distanze. Creare il percorso sicuro,
dimodoché alla filara non resti che traversare fischiettando verso la zona
d’uscita. Succede che qualche lemming finisca per immolarsi alla causa della
stirpe. E va accettato.
I lemmings sono scemi. Li si vedrà deambulare come automi, urtare contro
il muro e tornare indietro. All’infinito. Ed è qui che entra in ballo la
strategia dell’avanscoperta, l’arte dell’opzionare l’esploratore che crei un ponte
sul corso acquifero e che sgombri la via all’incombere del gruppo dei beoti.
Il numero delle azioni risulta limitato. Il giocatore, per questo, si vede
stretto a misurarsi il singolo ordine e nell’assunto che la sconsiderata gestione delle risorse
“umane”
porterà sicuro alla decimazione, e quindi al game over. Il tempo limite
aggrava. Impone che si agisca sì in ordine all’influsso del ragionamento, ma
anche in riguardo di una certa flessibilità di opzione, laddove lo schema
mentale dovrà realizzarsi d’appresso il preventivo avvistamento della mappa.
La schermata antistante il quadro decide la percentuale minima di salvazione
del lemming, per cui, anche portandone illesi in gran quantità, si dovrà per
forza restare sopra il margine, pena lo sbarramento del quadro successivo.
Lemmings è un bisogno primario. Rende vorace il consumo al mutare dello
schermo, allo scavamento diagonale dopo il ponteggio, sulla scalinata di
trecento pixel che sale fino al lastricato portale, e vederseli, i pupazzi,
le formiche, tutte assieme perseguire il sì tanto ambito fine ultimo, al
livello 99, dà al videogioco il senso dell’empatia uomo-macchina che DMA
Design aveva in mira di creare a partire dalla sequenza dell’intro, che di
suo è l’apice dell’animazione in bitmap.
Lemmings è l’irripetibilità del level design.
Resa spuria l’occasione del sequel, e ne verranno diversi, è ancor oggi
impensabile di raffrontare l’opera DMA a un qualsiasi puzzle game
preesistente o succedente il ’91. Poiché vi è l’intuizione. La questione del
trasmutabile dell’azione, della gestione del tempo dell’interazione, e dei
tempi di reazione. Giostrare con il mouse dice istinto: attivo la comanda
col tasto destro, e con lo stesso trasmetto al lemming, che eseguirà pronto.
E sarebbe d’uopo di non trascurare la tecnica, le grafiche senza cui non si
sarebbe qui, adesso, a parlare di pseudotopi e del mouse. Le animazioni si
realizzano straordinarie con tutte le dimensioni ristrette dei cosi, che
però si muovono a grappoli, e va dato merito agli sviluppatori di aver
assemblato un motore in 2D di monumentale solidità. Memorabile la “picconata”,
col lemming che colpisce con tale forza da sollevarsi
da terra, ed esemplare l’episodio della scalinata, che vede il nostro estrarre i
gradini da un minuscolo zaino a spalla. Piccolo è bello. Dal caramelloso
colorare si dovrà estrarvi la funzionalità dell’estetica, delle proporzioni
volutamente minimali che vogliono acquistare lo spazio orizzontale,
determinare la geografia. Suono di allegrezza. I moduli fanno ottimismo, gli
effetti creano simpatia e rantoli, la variazione strumentale si rende
grossomodo interessante.
Il chip sonoro verrà sì e no sfruttato al sessanta per cento, ma può bastare
a fare la taranta dei microbi che danzano e che cadono. Si dice che per
entrare nei libri di storia sia
necessario di riuscire lì dove l’essere umano di media statura generalmente fallisce. Ebbene Lemmings
passa alla storia per esser riuscito a generare la struttura del puzzle game di azione e reazione, di amministrazione e confusione.
Ma sempre dentro a uno schema di matematico riscontro, un mosaico i cui
tasselli stiano a riflettere la cultura per il gioco elettronico formato
computer.
|
|