GOLDEN AXE
di @
Luca Abiusi

goldenflyer2.png (24558 bytes)Il culto per Golden Axe vuol essere argomento serio e non tanto il residuo delle sottoculture del retrogamer, non una mera ricorrenza in quanto Golden Axe è l’opera fantasy più riconducibile a madre Sega, il videogioco grazie a cui il genere spada e fantasia viene esportato anche sui monitor delle sale giochi dopo avere incassata la sua legittimazione al cinema, passando per John Milius e annesse muscolature. L’impatto, nell’Ottantanove, è dirompente quanto un Final Fight sul luogo del contesto, per questo ipertrofico raccontare di eroi leggendari che traversano villaggi e combattono le armate delle tenebre a suon di fendenti fracassanti corazza, spaccanti ossa. Ma però Golden Axe evolve di suo circa sul vituperato meccanismo del picchiaduro a scorrimento, desemplificandone le meccaniche, e diventando questione per utenze aristocratiche capaci di giostrare con le armi e in uguale misura di lanciare sortilegi; pur senza che si affrancasse nell’Ottantanove della infrastruttura alla Dungeons & Dragons, il videogioco riesce a inventarsi una serie di sequenze, e di momenti catartici. Capcom si mise a piangere per un po’. Ma avrebbe anch’essa impugnato le armi, di lì a breve.

Si mettono insieme istrioni viventi del calibro Ax Battler (il barbaro), Tyris Flare (l’amazzone) e Gilius Thunderhead (il nano) per determinare compagnia trafficante in gladio e sortilegi il cui potenziale sia classato sulla base del rapporto tra potere d’attacco all’arma bianca e qualità dei malefici scagliabili in blocco; quindi la violenza bruta del nano vuole rendere appena discrete le sue facoltà alchemiche lì dove il barbaro, a fronte di una smodata propensione alla distruzione, risulterà ulteriormente penalizzato, se non mortificato difronte alla ragazza, la quale ostenta lavoro di negromanzia a largo spettro, ciò nondimeno accusando debolezze a tiro di spada. Si propugna variazione: i protagonisti ci danno dentro con l’acciaio ma possono anche montare in sella a creature o bipedi altri portanti becco, usufruendo al bisogno delle loro abilità nel momento che il drago sputafuoco mette agevolmente al tappeto chiunque gli si appresti, oppure quando l’altro essere pennuto sferra un micidiale colpo di coda a spazzamento. Si caldeggia solidità: attraverso una necessaria fase di apprendimento si sarà presto in grado di cimentarsi e conseguire risultati altresì in singolo, per gli innovativi metodi di schermaglia frontale, già che si agisce di dashing come che di spallate a rincorsa, e diventa possibile recapitare al suolo più di un opponente a misura di timing e colpo di destrezza. Le prese a contatto e a proiezione portate dalla Capcom vengono qui a mancare. Tuttavia, si realizza uguale la gravità del combattimento, allora che si intercede in favore di spettacolarità visuali e coreografie.

Il sistema di performazione delle magie viene subordinato a un contatore a segmenti di tipo scalare. Per cui maggiore è il numero di pozioni raccolte, maggiore risulterà il danno inflitto. L’incantesimo in sé è pirotecnico. Restituisce a mestiere l’avvicinamento all’ultima scatenazione, come nel caso dello stadio magico del guerriero femmina visualizzante iniziali polveri esplosive prima di evolvere a spirito infuocato, e poi di nuovo terminare in un drago occupante il raster per esteso. Il compartimento estetico vuol sorprendere per questo fondale in playfield vertiginevole. La testa dell’aquila divenne base per un disegno a tema da portare a Educazione Artistica, verso il 1990, dietro ricalco di uno screen che avevamo visto su Zzap!, e ci sono gli abitanti del villaggio in fuga, i folletti. Si realizza il pathos. Si vuole andare avanti. Il suono genera musiche di mitologia e canti ai quadri interlocutori che non si possono dimenticare; l’acustica degli effetti, parimenti, riproduce la scherma del duello. E fa quello che deve fare. Golden Axe è dunque un picchiaduro a scorrimento basico. Lui inizia questa dottrina di iconografie fantasy che si sarebbero ripetute in un intero sottogenere di beat ’em up, e rende le dinamiche della multiconversione a istituzione, e si dovrebbe tessere le lodi del port Megadrive – possedeva livelli inediti, e il più riuscito senza dubbio – e del miracoloso riversamento per il Commodore 64 sviluppato dalla Probe. Del resto, per misurare l’effettiva influenza di un videogioco arcade è sufficiente guardare al numero di adattamenti domestici che quest’ultimo ha saputo negli anni generare.









 

  Piattaforma Coin-op
  Titolo Golden Axe - ゴールデンアックス -
  Versione Giapponese
  Anno immissione 1989
  N. Giocatori 1/2
  Produttore Sega
  Sviluppatore Sega AM1 [Team Shinobi]
  Designers Makoto Uchida, Takosuke, Moto cbx1000
  Compositore Tohru Nakabayashi
  Sito Web www.sega.co.jp
  Sist. di controllo Digitale - Joystick
  Numero tasti 3
  Orientamento Orizzontale - Yoko Mode
  Scrolling Laterale
  Risoluzione 320 x 224
  Formato PCB - Sega System 16B
  Emulazione Completa [testato su MAME]
  Genere Beat ’em up
  Rarità
  Quotazione 70 - 90 €
  OST Sì [Golden Axe The Music, 2008, Wave Master/SEGA Direct]

 

Urge di riferire di una edizione giapponese differente dalle rispettive edizioni occidentali a livello di sequenza d’inizio che vede la testa mozzata del vichingo. Sempre per il Giappone, allo schermo di selezione del personaggio il sangue è grondante. A postuma considerazione si può dire che i paralleli versanti di conversione si equivalgano. Su Megadrive vi è ovviamente il mestiere di Sega e il videogioco appare fluido e convincente per gameplay, eppure su Amiga il Golden Axe è ugualmente solido, rimandabile alquanto al coin-op sul dimensionamento degli sprites e per la qualità del suono. Più penalizzato il port ST per le ridotte dimensioni della finestra grafica. Su PC, il videogioco visualizza 256 colori in VGA, ma gli sprites vengono ritoccati in modo discutibile. Il port Commodore 64, puranche con un unico nemico per volta a schermo e il single player quale unica modalità, è ammirevole per la maniacale ricostruzione grafica e la colonna sonora di Jeroen Tel. Su Amstrad CPC il multiplayer è preservato. Lo schermo viene riempito da più di un pupazzo, ma la qualità dell’animazione è inferiore alla controparte Commodore. Su Spectrum gli sprites hanno il bordo nero. Sul Master System si opta per uno stile grafico peculiare, ma la cosa funziona per l’accosto dei colori e il nuovo disegno degli sprites, che si muovono discreti. Non pervenuto il multiplayer. Delude il port PC Engine per grafiche scarsamente colorate e pur col suono CD. L’edizione Wonderswan Color è straordinaria. Nel 2003 un remake di Golden Axe viene pubblicato in formato PlayStation 2 all’interno della collana Sega Ages 2500 su programmazione di D3 Publisher, ma ancorché il titolo risulti mediamente giocabile a deludere è la grafica poligonale generalmente povera. Comunque notevole la colonna sonora. Golden Axe risulta infine consumabile come download via XBOX 360, PlayStation 3 e Wii.