MATRIMELEE di @Luca
Abiusi
Per
quanto il titolo non si avvii a un riferimento diretto Matrimelee appartiene a Power Instinct,
la serie che un tempo sapeva generare opere di eccentricità alla stregua di un
Groove On
Fight,
che fu anche giocondo. Di quest’ultimo si ritrova adesso una manciata di personaggi, parte delle meccaniche iniziali e
qualche intrusione a livello di gameplay e...basta. In effetti da Noise Factory, dopo
Sengoku
3, ci si attendeva un titolo che gli fosse quantomeno all’altezza. Al contrario, Matrimelee
è un prodotto che sembra realizzato per appagare i fan del picchiaduro
bidimensionale per NEO GEO e per ghettizzare allo stesso modo le utenze rimanenti. Un
titolo da collezione. Eppure il trastullo persiste e vi è questo preludio interessante che
vuole premiare il vincitore del torneo con un "matrimonio da sogno", che può
essere il ripiego ideale per l’acquirente medio di cartucce NEO GEO da mille dollari
l’una. Sta di fatto che Noise Factory non smentisce il suo caratterizzare, il realizzare
di personaggi altamente carismatici e il costruir di mosse spettacolari, coreografie che
cominciano con un calcio e ottengono culmine in bolle infuocate e fuochi d’artificio.
A livello di gameplay risulta essenziale la Stress
Meter, barra energetica a riempimento che una volta giunta all’orlo esplode in
devastanti super mosse. Ma diversamente da quanto avviene per la stragrande maggioranza
dei picchiaduro in 2D, la barra di accumulazione non si misura sul numero di colpi che si
riuscirà a infliggere ma bensi sulla facoltà di assorbimento degli stessi. Praticamente
più si subisce, più la barra si accresce e maggiori sono i rischi, per l’avversario, di
ritrovarsi al tappeto dopo aver messo a segno una serie di colpi assestati. Sia chiaro:
nulla di realmente rivoluzionario, ma si è apprezzato il gesto. L’arbitro che appare in
secondo piano può essere utilizzato – l’intuizione migliore del gioco – come arma di
attacco per apportare ulteriore danno, mentre a contrapposizione di attacchi simultanei
si farà largo la Bloodline Battle, una sorta di sottogioco che detta i tempi
delle mosse fin quando uno dei due non sbaglia. Ma ancora: si doveva osare di più.
Malgrado la buona volontà, e lo stile inimitabile di Noise Factory, qualcosa non torna,
ed è precisamente la sensazione di incompiutezza strutturale che permea il fluire dei
combattimenti, che dispone personaggi astrusi o dal sin troppo agevole metro di utilizzo.
Si rileva uno stadio di lavorazione frettoloso sulla via della definizione potenziale del
roster, problema che viene fuori nel single player, in principal modo, ma che
sussiste anche sfidando un amico.
In quanto a caratterizzazione Matrimelee si lascia
lustrare con gaudio. La classe di Noise Factory si ritrova nel design dei personaggi e le
rispondenti animazioni, nelle loro pose plastiche e nelle super mosse pirotecniche, nella
schermata di selezione che introduce il combattente al duello. Quando vedi il gioco per la
prima volta sembra di essere ritornati ai fasti della migliore Sunsoft, immersi come si è
in quest’aria di frizzantezza e stile manga e donnine. Ma poi si deve
iniziare a
interagire e realizzi che gli stage sono solo cinque, contro un totale di venti personaggi
utilizzabili, e che gli sfondi risentono di una mancanza cronica di dettaglio. I
programmatori hanno investito sul disegno dei lottatori trascurando però la restante componente
estetica, e il fatto sovviene abbastanza grave
quando si dispone un diretto raffronto con Power Instinct 2, che
seppure sviluppato molto tempo prima di Matrimelee sembra battere
quest’ultimo per variazione come anche sulle tecniche di coloramento
opzionate da Noise Factory. Gran sonoro: a brani di rimarchevole spessore strumentale si
affianca una frastagliata libreria di effetti e sintesi, sebbene la pulizia acustica di un
Rage of the Dragons o un
Mark of the Wolves sia ancora distante.
Il maggior limite di Matrimelee staziona quindi nel fattore persistenza.
Interagire in assolo è veramente frustrante, e malgrado i primi lottatori
siano battibili in destrezza, prossimi al finale ci si troverà a
fronteggiare intelligenze artificiali rigide più del marmo, per una
incoerenza di manovra che vede gli attori resistere al diversivo o alla
stessa pratica dello spamming. Si dovrà esercitare autismo e
l’accumulo di esperienza potrebbe altresì non servire a meno di non
imparare a memoria le mosse del singolo lottatore, e nondimeno le sue
routine di controffensiva. Per essere un picchiaduro bidimensionale
di pretese moderniste, Matrimelee va appena oltre l’idoneità.
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