BREAKERS REVENGE di @Luca
Abiusi
A
proposito delle tecniche di
trasformazione dei colpi Breakers Revenge prende le
distanze dalla Sacra Scuola SNK per questo suo volere apparire streetfighteriano, almeno
fino all’introduzione delle super, che sono un discorso a parte. Ci abbiamo un beat ’em up di
fracasso e
di effetti speciali bidimensionali. Ma però razionale. Il funzionante
sistema di controllo precede un ugualmente ammirevole sistema di collisioni,
sicché quindi è concesso il
gameplay di appagamento di filosofia Sunsoft dentro a una diversione di stile e
di stili, contuttoché i lottatori ancora mireranno a non propugnare la revisione
completa delle meccaniche, ma ciononostante si vuole conquistare magnetismo e
credibilità nei termini della restituzione del corpo scenografico. Per cui
Breakers Revenge mira a essere appariscente. E a surclassare in termini di
animazione il King of Fighters uscito nel medesimo anno, che se nell’episodio precedente Visco
aveva già grossomodo dimostrato di sapersi accodare ai cliché
visualistici del genere, ora si doveva limare, aggiustare, offrire uno
spettacolo ancora migliore.
Si acquisiscono punti sul versante
del bilanciamento. Per dire, ci sta Tia
che con il suo ramificato parco mosse già mai eguaglierà la potenza di un Dao Long
in corso di trasformazione delle
speciali anche se le dai le vitamine, ché Breakers 2 dice che possiede il dono della compensazione,
e non essendovi
tra un attore e l’altro una evidente sproporzione potenziale sarà in effetti possibile
conseguire discreti risultati impersonando tutti. Discorso che non si applica
alla modalità per due giocatori umani. Dove che si palesa un medio agevolamento
delle fisicità più
agili, a volere scostare le finezze concettuali di
un Real Bout Fatal Fury e a
incoraggiare la realizzazione delle
mosse a proiezione sul quarto di luna, prediligendo una visione del combattimento
generalmente più semplicistica.
Il videogioco della Visco non chiede che il genere venga rivoluzionato, né che
questo introduca idee estemporanee. Furbescamente, il team creativo fa sue
le grafiche delle saghe SNK come il sistema di combattimento degli Street Fighter Zero
nella intenzione di conciliare i due fattori in una
alternativa sistemica di mutuo soccorso.
Ma però Breakers Revenge è solido, interessante. Non esiste che
premi a caso il pulsante scoprendoti vincitore di un round immondizia. La confusione, se
c’è, segue una logica condivisibile. Sicché alternanza fra attacchi infuocati
e calcione ortodosso fino a realizzare una condotta marziale frastagliata
nelle visuali, ma oltremodo razionale nel momento del trasformamento in
mosse; e questo
mediante un minimo dispendio in gettoni, vista la necessaria denazificazione
del settore arcade occorsa intorno fine degli anni ’90, così che il
contestuale usufrutto di tutta una serie di notevoli animazioni, e di
scenografie madide di colore divenga lieve quando che arrivi al quarto stage
e realizzi che non stai più davanti al primo Street Fighter, e che ce la
puoi fare a ultimare, malgrado che la fascinazione verso i classici eserciti
ancora una sua influenza in merito a certe musichette capcomiane, ma non ne terremo
eccessivamente conto, in quanto ciò che incide è il fattore dell’intrattenimento.
Abbiamo tutto: pugni e calci, prese controprese, barre energetiche, combo,
super combo. Abbiamo le femminazze diversamente vestite. Abbiamo i
superbelli, i megagay, i mostri, i tavolini all’aperto, e tutti questi
ricorrenti elementi ambientali e strutturali del beat ’em up uno
contro uno grazie ai quali ci viene data la possibilità di ritornare a bomba
al videogioco in 2D. Un po’ fuori tempo massimo, in verità, che nel ’98 era
Namco a dettare legge, ma
tutt’altro che maldestramente e con le risorse del NEO GEO messe in
luce in modo virtuoso.
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