STREET FIGHTER III 2nd Impact: Giant Attack di @Luca
Abiusi
Questione di peso specifico.
L’artigianato di settore della Capcom riguarda la anatomizzazione dei
lottatori. Che sono possenti. Che sono sinuosi. Che quando ti colpiscono ti
fanno male. L’intuizione delle
collisioni millimetriche porta Street Fighter III 2nd Impact su di un
livello di verosimiglianza tridimensionale. E in qualche modo quello che Capcom ha fatto
durante il ciclo produttivo della CPS-III è stato di aumentare i fotogrammi di animazione
corporea per coprire gli spazi bidimensionali rimasti nascosti dietro i limiti
tecnici
delle antiche schede. Adesso ci si muove in risposta a una certa razionalità
dinamica a cui culmine stia la precisione letale delle mosse e delle
combinazioni. Un
enorme passo in avanti. Per quanto il sistema di prese a due pulsanti verrà
introdotto solo in
3rd Strike, 2nd Impact già possiede l’essenziale
metodo di
parata reversibile, che se applicato in modo coerente ti ribalta le sorti di un incontro
che appare compromesso. 2nd Impact esprime un potenziale ancora grezzo nei termini del
contenimento del comparto mosse, ma inizia a crescere e vuole ridefinire la
tecnica.
Da sempre in conflitto con la filosofia estetizzante e
filo-nipponica di SNK, Capcom occidentalizza al massimo la fisionomia dei lottatori. La
struttura animata si avvicina, nella profondità dello sfondo, ai lavori di Dave
Fleischer. I bicipiti, la muscolatura delle gambe corpulente, la forma statuaria dei
modelli femminili – Elena è la esatta nemesi di Mai Shiranui – mette a fuoco una
interessante visione maschilista del beat ’em up a incontri. La solidità grafica
dei personaggi occupa spazio, domina la azione. Il più insignificante dei movimenti conta
almeno cento fotogrammi, adeguandosi a una velocità di gioco standardizzata, al naturale.
La innovazione iconografica di Street Fighter III sta nella prestanza atletica
virtuale, di questi combattenti che per la prima volta fuoriescono dal concetto di anime
movie ammiccante per esprimere una idea di bellezza più elaborata e meno
adolescenziale. 2nd Impact è un picchiaduro rude, potente, cinghiale, ma anche
elegantissimo. Ogni personaggio è immortalato da un artwork di selezione ipertrofico,
esagerato nei lineamenti, disegnato come si trattasse di uno schizzo su carta. Nelle fasi
di gioco i benefici della CPS-III vengono fuori, oltre che nel numero esorbitante di
frame di animazione, nella quantità di sprite in movimento nel fondale. La folla
si guarda le evoluzioni dei combattenti incitando e sbraitando, mentre parte dello sfondo va
in pezzi all’urto di un personaggio messo al tappeto violentemente.
Da un punto di vista concettuale 2nd Impact è già
abbastanza evoluto. La maturità del sistema di combattimento funzionante sulle Super Arts, le
contromosse a seguito di parate veloci, le combo alternate, offre benefici
sul grado di consistenza; il gesto, quindi, è potenzialmente concatenabile a una
sequenza intermedia di attacco e alle stesse Super Arts, definibili a selezione del
combattente. Il videogioco non possiede impasse. La tecnicità sopravviene a un livello di
esperienza avanzato, eppure anche quando assunto in superficie il pestatore Capcom
offre il consumo del contatto fisico, e convince la A.I. nel gioco in singolo,
affinata rispetto alla prima versione di Street Fighter III, sebbene la
superiorità oggettiva di un Ken e un Ryu di fianco agli altri si affermi presto. Il reale limite di 2nd Impact riconduce per paradosso
a una vaga semplificazione della sua struttura. Le Super Arts
partono anche coi movimenti incidentali dello stick e al caso troppo velocemente
difronte il tempo d’esecuzione. Ciò comporta una involontaria sudditanza alle tecniche di attacco
estreme, quando anche i blocchi con reversione tendono a trasformarsi
mediante consequenzialità eccedente. Considerazioni non decisive, alla fine. Essendo un passaggio
intermedio di approssimazione al “terzo strike” dei tornei ufficiali, 2nd Impact
assolve al suo compito di avvicinare l’utente a un metodo di controllo attiguo a
Street
Fighter II solo per meccanica e non per filosofia. Se il neofita
domandasse su quale picchiaduro in 2D orientarsi, per compiere i primi
passi, per iniziare a vedere come funziona, gli indicheremmo senza esitare
il titolo qui trattato in quanto oggetto di una riuscita mistura di tecnica
e istinto, di manovrabilità estrema e assoluta potenza. Potenza a tratti
senza controllo, perfezionabile su certi pattern di esecuzione, manesca fino
all’eccesso. E ciò nonostante (o forse per questo) assai attraente.
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