STREET FIGHTER III 2nd Impact: Giant Attack
di @Luca Abiusi

onicover0.png (103260 bytes)Questione di peso specifico. L’artigianato di settore della Capcom riguarda la anatomizzazione dei lottatori. Che sono possenti. Che sono sinuosi. Che quando ti colpiscono ti fanno male. L’intuizione delle collisioni millimetriche porta Street Fighter III 2nd Impact su di un livello di verosimiglianza tridimensionale. E in qualche modo quello che Capcom ha fatto durante il ciclo produttivo della CPS-III è stato di aumentare i fotogrammi di animazione corporea per coprire gli spazi bidimensionali rimasti nascosti dietro i limiti tecnici delle antiche schede. Adesso ci si muove in risposta a una certa razionalità dinamica a cui culmine stia la precisione letale delle mosse e delle combinazioni. Un enorme passo in avanti. Per quanto il sistema di prese a due pulsanti verrà introdotto solo in 3rd Strike, 2nd Impact già possiede l’essenziale metodo di parata reversibile, che se applicato in modo coerente ti ribalta le sorti di un incontro che appare compromesso. 2nd Impact esprime un potenziale ancora grezzo nei termini del contenimento del comparto mosse, ma inizia a crescere e vuole ridefinire la tecnica.

Da sempre in conflitto con la filosofia estetizzante e filo-nipponica di SNK, Capcom occidentalizza al massimo la fisionomia dei lottatori. La struttura animata si avvicina, nella profondità dello sfondo, ai lavori di Dave Fleischer. I bicipiti, la muscolatura delle gambe corpulente, la forma statuaria dei modelli femminili – Elena è la esatta nemesi di Mai Shiranui – mette a fuoco una interessante visione maschilista del beat ’em up a incontri. La solidità grafica dei personaggi occupa spazio, domina la azione. Il più insignificante dei movimenti conta almeno cento fotogrammi, adeguandosi a una velocità di gioco standardizzata, al naturale. La innovazione iconografica di Street Fighter III sta nella prestanza atletica virtuale, di questi combattenti che per la prima volta fuoriescono dal concetto di anime movie ammiccante per esprimere una idea di bellezza più elaborata e meno adolescenziale. 2nd Impact è un picchiaduro rude, potente, cinghiale, ma anche elegantissimo. Ogni personaggio è immortalato da un artwork di selezione ipertrofico, esagerato nei lineamenti, disegnato come si trattasse di uno schizzo su carta. Nelle fasi di gioco i benefici della CPS-III vengono fuori, oltre che nel numero esorbitante di frame di animazione, nella quantità di sprite in movimento nel fondale. La folla si guarda le evoluzioni dei combattenti incitando e sbraitando, mentre parte dello sfondo va in pezzi all’urto di un personaggio messo al tappeto violentemente.

Da un punto di vista concettuale 2nd Impact è già abbastanza evoluto. La maturità del sistema di combattimento funzionante sulle Super Arts, le contromosse a seguito di parate veloci, le combo alternate, offre benefici sul grado di consistenza; il gesto, quindi, è potenzialmente concatenabile a una sequenza intermedia di attacco e alle stesse Super Arts, definibili a selezione del combattente. Il videogioco non possiede impasse. La tecnicità sopravviene a un livello di esperienza avanzato, eppure anche quando assunto in superficie il pestatore Capcom offre il consumo del contatto fisico, e convince la A.I. nel gioco in singolo, affinata rispetto alla prima versione di Street Fighter III, sebbene la superiorità oggettiva di un Ken e un Ryu di fianco agli altri si affermi presto. Il reale limite di 2nd Impact riconduce per paradosso a una vaga semplificazione della sua struttura. Le Super Arts partono anche coi movimenti incidentali dello stick e al caso troppo velocemente difronte il tempo d’esecuzione. Ciò comporta una involontaria sudditanza alle tecniche di attacco estreme, quando anche i blocchi con reversione tendono a trasformarsi mediante consequenzialità eccedente. Considerazioni non decisive, alla fine. Essendo un passaggio intermedio di approssimazione al “terzo strike” dei tornei ufficiali, 2nd Impact assolve al suo compito di avvicinare l’utente a un metodo di controllo attiguo a Street Fighter II solo per meccanica e non per filosofia. Se il neofita domandasse su quale picchiaduro in 2D orientarsi, per compiere i primi passi, per iniziare a vedere come funziona, gli indicheremmo senza esitare il titolo qui trattato in quanto oggetto di una riuscita mistura di tecnica e istinto, di manovrabilità estrema e assoluta potenza. Potenza a tratti senza controllo, perfezionabile su certi pattern di esecuzione, manesca fino all’eccesso. E ciò nonostante (o forse per questo) assai attraente.









 

  Piattaforma Coin-op
  Titolo Street Fighter III 2nd Impact: Giant Attack - ストリートファイターIII セカンドインパクト -
  Versione Giapponese
  Anno immissione 1997
  N. Giocatori 1/2
  Produttore Capcom
  Sviluppatore Capcom
  Designers Seto Yasuhiro, H. Ishizawa, Kazuhito Nakai, Akira Yasuda, Kinu Nishimura
  Compositori Hideki Okugawa, Yuki Iwai
  Sito Web www.capcom.co.jp 
  Sist. di controllo Digitale - Joystick
  Numero tasti 6
  Orientamento Orizzontale - Yoko Mode
  Scrolling Laterale
  Risoluzione 384 x 224
  Formato PCB - CP System III
  Emulazione Imperfetta, occasionali glitch grafici [testato su MAME]
  Genere Beat ’em up
  Rarità
  Quotazione 200 - 250 €
  OST Sì [Street Fighter III 2nd Impact Giant Attack Original Sound Track, 1997, Pony Canyon]

  L’unico port avviene nel ’99 in formato Dreamcast (Street Fighter III W Impact) su diretta realizzazione di Capcom. Nel GD-Rom verrà altresì inserito Street Fighter III: New Generation, l’episodio precedente 2nd Impact nonché primo capitolo di Street Fighter III. Il rateo di conversione è elevato. Malgrado l’upscaling della risoluzione, il videogioco conserva le fluidissime animazioni e preserva il suono originale. Rispetto al coin-op è invero avvertibile un leggero ritardo nei tempi di esecuzione delle tecniche più avanzate, ma è un problema che assume senso solo e unicamente a una interazione competitiva.

        





























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