RAVE RACER di @Luca
Abiusi
La
versione PlayStation di Rave Racer, inizialmente prevista e poi cancellata,
avrebbe sicuramente deluso gli estimatori dell’arcade. Fortuna che in un barlume
di lucidità Namco abbia pensato di riconvertirne
il codice per i 30 fotogrammi al secondo di
Rage Racer,
per la gioia di
tutti e la pace dei puristi. Perché la Super System 22 si adattava
difficilmente alle caratteristiche della console malgrado le dovute similitudini
di architettura, ma
in effetti l’alta risoluzione si sarebbe rivelata un ostacolo insormontabile. Per
non parlare dei 60 fotogrammi e del numero di poligoni a video decisamente fuori paramentro per
qualsiasi macchina domestica differente dal Dreamcast. Che all’epoca doveva
ancora uscire. Si resti sul coin-op. Ricordiamocelo intonso questo Rave Racer
che reclamava 1.000 Lire per gettone. Che sapeva sfidare in velocità la
stessa Model 2.
Esteticamente violentissimo, con queste
grafiche velocissime e i poligoni pulitissimi che anche all’avvicinarsi del
carrello consentono il tessuto di acciaio antizincatura, Rave Racer è il design
di vetture che rispetto a Ridge Racer conservano la luminescenza; la fisica
comportamentale ostenta manovrabilità, si guida meglio che in precedenza. Ora,
il cabinato è importante. Un cockpit tornito dal vento consegna al suo
interno un redivivo
Ridge Racer di
puro asfalto. La postazione rimanda al cabinet di OutRun,
quello lussuoso che aveva il sedile in pelle umana e il volante col
cavallino. Rave Racer, sei marce, freno da usare il meno possibile,
acceleratore da pressare al limite in curva per ottenere il derapage un
tempo detto sbandata controllata, ma che adesso è una piega di notevole
realismo che lascia i segni delle gomme, decolla come un razzo e sul dosso
fa arrivare gli organi interni nei pressi dell’esofago per il suo
sensazionale uso della prospettiva visuale, lo stradone di tangenziale che
si apre e sotto il vuoto, e arriva il balzo che alla caduta affossa la
cinepresa. È preferibile usare l’inquadratura interna. In esterno si vede
il dettaglio posteriore del mezzo, che rende il suo stile con gli alettoni,
vernice e scritta Namco, ma frontalmente è come essere dentro l’abitacolo della fuoriserie.
La ragazza che appare all’inizio sembrerebbe
essere Reiko Nagase. Invero Namco non ha mai fornito dettagli in merito alla
sua identità, sebbene poi in Ridge Racer 6 effettivamente Reiko
indossi i medesimi indumenti della qui splendente sconosciuta. Facciamo che
è Reiko. I tracciati sono importanti. Si arriva a scrutarne gli svincoli
distanti in pixel di chilometri. Ci sono i tabelloni che proiettano le
immagini psichedeliche di Reiko che balla. Uno dei percorsi proviene da Ridge Racer,
ma i restanti tre ne sono evoluzione e fanno a gara a chi meglio introduce
l’idea del circondario urbano, delle superstrade industriali e dei
cavalcavia, dove i treni a
monorotaia attraversano; in City e Mountain
la struttura di bordopista, coi palazzi, le rocce, la vegetazione
occasionale concorre a restituire un contesto di corsa arcade che solo il
notevole Speed Up di Gaelco saprebbe verosimilmente rendere. Il suono
è techno, ma una techno virtuosa, meno commerciale, più mirata alla
sperimentazione. Namco continua il discorso del rumore del
cemento di Ridge Racer ma inizia a sovrapporvi un traccia di
rifinitura e di tastiera che sia di compromesso fra il sound a strappo delle
percussioni e questo nuovo flusso di sintesi suburbane di territorio oggi
udibili in Ridge Racer Type 4. Fosse risultato più esteso – ma il
coin-op di corse mai lo sarà – Rave Racer avrebbe rivendicato lo stato di
perfezione del racing arcade.
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