Dovessero
parlar male di
Yasuomi Umetsu avvisateci, in quanto che si deve loro
spiegare gli itinerari del
gore novantesco, di questo modo di esasperare l’osceno a microcariche di
esplosivo incastonate al centro dei lobi della testa, o per conto della
esplicitazione dell’abuso d’infante come inconscio sovrafflusso di liquami da
espellersi in un secchio di esacerbature catodiche moleste, cromatiche, che i
valori esadecimali RGB propagano a livello di virus, che proprio che sono
state usate combinazioni di paste organiche, avranno attinto a certi traffici,
devono avere rovistato tra i rifiuti sanitari ad alto rischio infettivo e
smaltite tanto di sacche di reflussi bilari criptoverdi, dato che ci sono le
scene che fanno trasudare colore in alta definizione mentreché si fa macellatura
di braccia strappate all’impatto, là dentro al grattacielo assegnato a kill
box; Kite (uncut) intinge i suoi carcami di sorte d’orrori fisici e
intrinseci che non sai qual degli uni è lo scatenante degli altri, chi è
arrivato per primo o se mai essi, loro, siano da sempre esistiti a caimane
giacenze, di bestie insolventi condannate alla sete di sangue vivo che schizza,
rapprende alle pareti.
L’anime, dunque scritto, diretto e
disegnato dal medesimo Umetsu carnifica di sconcezza, ma non di gratuita
indecenza: benchessìa invasiva, e pure affatto invadente, la
violentatura di tramezzo partiene a una parure di accostamenti lividi, ora che le iridi riflettono di un
purpureo che sa di peccato originale, a rigor di un giuoco di architetture
allucinative che si consistono a fluorescenze che potrebbero essere incubi, ancora che sotto ai
rossi plasticati di un film del terrore degli anni ’70, pur benché i fantasmi
siano quelli che circuiscono il pensiero, oramai partito, lasciato marcire in una
intercapedine di alienazione della dimensione statica, lì dov’è rimasto un
ritaglio di scarto di ricordo che intercedesse a recedere i termini del patto
omicida stretto tra lei e l’orco suo carnefice; il meticoloso regista giapponese,
il quale è stato sorpreso a dissezionare action figure modificate di Puella Magi
Madoka Magica ordisce un
intrigue patologico d’interferenze nerobianche a specie di manipoli di
mosche deponenti uova su di un lampione che ora quasiché si scarica, e l’occhio sinistro
desquama di turpe candore né mai se la mano di qualcuno da dietro ci forzasse a
guardare, e volesse provocare, istruire pedopornografie di certo suburbanesimo
new wave fuori concorso, verso le retrospettive sul cinema futuristico che
allestiscono in quel di Cannes.
Si dispiega caratterizzature scarlatte, dal
’98 a un 2001 ebbro di arancioni e striminzite
mise, che se ne avrà da vedere nel caso di
Mezzo Forte, delle
sue circoncisioni, così che poi Umetsu avrebbe finito di secare le cose che
aveva conservate sotto fluido refrigerante, allor quando che sui 16 millimetri
di A-Kite non avanzava che uno scomparto per i titoli, vero che l’anime qui detto sta
intero nella ora del montato e dà prova di scorrimento, non risente di brevità,
dura il tempo che serve a frammistare le vedute di sfondo alla eruttante energia
del disegno tonico, ’sti corpi qua di grossezze grottesche, trigonometriche, e
queste animazioni elastiche di adduttori di cui cogliere trazione dalle crespe
dei tessuti; si trovano, nella regia di Umetsu, e si ibridano a crear modi necrotici
a sé incirca tre sottoclassi di Crime Movie, postoché la drammaticità, da
manuale, viene ingegnosamente frazionata in avanscoperte Mistery, Noir,
Gangster già in una enorme ouverture da cinescuole metropolitane
intitolate a Sidney Lumet, ma col modificante di certe armi da fuoco che
sembrano prese dall’amusement center “Sega Building Two”, quello che hanno appena chiuso.
Le chiameremo tramature ludiche residue. Per un original anime video che
anche dove sorpreso a rivedersi negli eccessi di un genere previamente sdoganato
dalla saga di Urotsukidoji,
che d’altra parte autoironizzava, scherzando un po’, si desbriga in un complesso
transfert di secrezioni e coscienze ghiaccianti, ma però traenti, da indurre in
coda un ambiguo sentore di astinenza.