Un Dezaki
di rigature scure luminose; cannocchiali per carabine a canna pesante valigie;
sovrauscenze di fluido intenso carminio dadaismi; in flagranza di reato si distingue, oltre a tutto ciò, e piuttosto elegantemente, un notturno
insistente di sale d’attesa di aeroporti e chiassi di clacson, prim’ancora che di turbomotori di
automobili truccate, a deferenza del noir sicariesco all’italiana che non
si disdegna l’arruolo di correnti francesiste prosperanti su
Michael Winner e i suoi lavori in pelle, sebbene “Scorpio” mancasse i vertici erotici di
Golgo 13, scolpiture di capezzoli da strizzare con maschia dominanza, ma per
conto di misure muscolari che ammettessero un registro di animazione che parlasse del mestiere iniquo
dell’omicidio a sangue freddo, e di quest’ammirevole deontologia del lavoro
dalla quale estirpare qualcosa di sacro e liturgico, quasiché il tiro alla testa da
impensabile distanza equivalesse l’aspergenza della colpa, e se pure anche
l’ombra di questa, persistente, intuibile, implicasse di accettare la ritorsione della beffa.
Il versoluce rasente le superfici, già
conformante il visibile spaziale di
Space Adventure Cobra, che da un anno nemmeno intermediava tra il casato
Dezaki/Sugino e il pubblico consumatore che nel ’79 aveva colpevolmente
disertate le proiezioni di
Jenny la tennista
a vantaggio, si dice, di un film dell’orrore diretto da un certo Ridley Scott è
il codice da dove la cinepresa deduce il suo rigor scenico, la sua maschera di
cinismo, il suo taglio pietroso che disnuda un modo di far cinema scollegato dai
circoli e dagli stampi, e che rivive solo quando in eccezione di un Yoshiaki
Kawajiri sacrificato al decadentismo de
La città delle bestie
incantatrici, dalle cui sorgive avremmo scorti uno ad uno i segni
ortografici e testamentari da Golgo 13 ingravati sul campo della mummificazione
di tessuti uguali a cartilagini, nervi, scalpi, lingue, orbite, vertebre,
serpenti che se gli spari non si fanno niente e si denota l’irreversibile
dell’azione professionale venire a compromessi con l’irrisoluzione del
fato, al costo di un formalismo che irretisce l’ingegneria delle dimensioni
corporee come d’inquadrature spezzate cui versare dovuta precedenza, ché
dev’essere l’animato a spiegare le trame e le parole, non il contrario, mai il
contrario, sennò il regista non l’avresti affatto visto spendersi in questi titoli
d’apertura di scheletrame e rivoltelle astratte, precoci indizi di
sfigurazione delle figure umane, frangibili sculture alle quali è chiesto di
rimanere fisse, e di sostenere il punto.
Ci siamo detti che dovevamo risolvere a proposito
del jazz. E
di accordature che col jazz vorrebbero fare a pugni, postoché riguardavano un Toshiyuki Kimori
– tre volte acclamato per i ricercati arrangiamenti de L’arcadia della mia giovinezza,
sarebbe scomparso che non ne aveva quarantadue, nel 1987 – che arrivasse a
presentare un sound di controconvenzionalismi disforici, ma che non
sarebbe stato in grado di farlo se non intossicando il disarmonico della
black music sul costrittivo cromatico, di modo a un sincretismo che tra
esteriorismi di vetroso lucidume e azzardi melodici trovasse impunità nel
chiusivo videogramma degli elicotteri tridimensionali approvato da un gruppo di
uomini problematici in forza agli stabilimenti della Toyo Links Co.; Golgo 13:
The Professional è del polso di colui che visualizza, con larga preveggenza,
lo sbieco di camera virile, quadrato, manesco rigante il telaio e strisciante lo
pneumatico a respirarne il bruciato rimasto sull'asfalto, nel computo di una
plusvalenza di videoriprese che negli ’80 estradassero le cinescritture di
genere, ritrovatesi esse a ereditare una specchiera di manufatti Swarovski da
cinque carati e a doversi alleggerire, a ragione, del loro intorno di normalità;
si conduce altisonevole, iperbolico il film di Osamu Dezaki, su di un che di
violaceo barocco pari al primordio del disegno animato, e per coerenza a un
cinema d’impressioni approssimate quanto longilinee curve... che abbiamo
riconosciute a vista, in questa ricordabile confezione Blu-ray recuperata in
settembre dalle Americhe.