ANOTHER WORLD di @Luca
Abiusi
Eric
Chahi procede assai oltre il rotoscope di Prince of Persia. Le sue
invenzioni convergono a essere impensabili nel Novanta, dove sussisteva a ogni
modo una urgenza di rifacimento delle tecniche visuali, che dovevano realizzarsi
tramite cinepresa, tener conto della illuminazione e delle proporzioni, a modo
di risultare influenti in ordine ai popoli a venire sino magari a intessere le iconografie concettuali di
Ico e
Shadow of the Colossus; affrancatosi dalla programmazione di
routine, e dalla grande etichetta cui portare ubbidienza dopoché Future Wars ebbe consegnate
a Delphine Software libagioni discrete, a inizio Novanta Chahi serve scrittura verso di un’opera
manifestamente personale, e con la benevolenza dei processori classe ECS
preserva un’idea di gameplay a controllo diretto spostando questi al
centro della narrativa; la storia, che evidentemente asservisce una componente
d’azione, è nondimeno in grado di restituire il mestiere dell’artifizio.
Lo sfondo dispone una creatura di origine
felina stagliarsi e poi scomparire; si
avvista questa superficie di visioni diroccarsi sul lato delle strutture (sculture)
antiche, scorgibili appena d’appresso le rocce.
Si viene imprigionati. Si trova presto un alleato e con lui si deve
improvvisare il piano di fuga, per
cercare di risolvere l’arcano del territorio di là dello spazio,
che vuol rendere agli attori i tempi del cinema di fantascienza
degli anni ’50:
gli sprite si muovono con la disinvoltura del motion capture
e conquistano la scena, determinano uno script che sia coerente alla fotografia
crepuscolare, atemporale, e che non allontani la diversibilità del
fantastico; si è
partecipi di una storia che si evolve simmetrica all’ascensione del livello
di complessità, che è misurato con dottrina in favore del puzzle solving serrato
fino ai titoli di coda, quando fa breccia Another Earth, il sequel che
non avrebbe mai visto la luce. Dai medesimi produttori sarebbe invece giunto
Flashback, un anno più tardi, titolo che comunque avrebbe
attinto alla dinamicità filmica di Another World, il quale resta un capitolo unico e, in
effetti, un esperimento irripetibile. Solo di recente Amazing Studios – una nuova
software house indipendente fodata da Eric Chahi – ha cercato di rinverdirne i meccanismi
optando per la computer graphic e il full motion video, e quindi
realizzando
Heart
of Darkness per sistemi Windows PC e PlayStation. La classe c’è ancora, eppure
ci manca quel che non abbiamo. Ci manca Another Earth.
Another World si fregia dell’ingegnosità del
sistema di visualizzazione, si nutre della trasversalità delle inquadrature,
si immola alla sobrietà di colorazioni a sedici gradazioni, si appaga di una
architettura futurista che è anche arcaicista nel retrocedere al masso del
monolito, nell’erigere palazzi in pietra che sovrastano il cielo. Nell’altro
mondo vige un sistema dittatoriale pericolosamente simile al
nazionalsocialismo, ma tecnologicamente avanzatissimo; sullo
sfondo di geografie decadenti e in rovina sarà d’uopo usufruire di sistemi di armamento
rivoluzionari, camere statiche con cui ricaricare le pistole, particolari sistemi di
difesa basati sulla pura energia. E tutto questo è reso attraverso grafiche
in semiprospettiva che riescono a raccordare elementi tridimensionali a
figure
bidimensionalmente isometriche: la scena di presentazione, che vede una Ferrari
slittare
all’interno di un parcheggio e il nostro teletrasportarsi segna
possibilmente il terreno di svolta della animazione computeristica moderna.
Eppure Chahi non sembra volersi limitare a illustrare, ma bensì vuole che il
codice sia marchiato da effetti ambientali di alta plausibilità, come scaturigine
di sollecitazioni sonore di frantumazione di strati rocciosi, di immersioni
acquose nelle caverne labirinto, di cingoli di vacillazione di gabbie soprelevate,
di invenzioni di linguaggi alieni esclamanti clamorosi e indecifrabili «adostà,
uazenda...metsuba» nella sequenza delle prigioni, dentro a questo universo che è
quindi parallelo per acustica e umanistica a quello reale. Another World,
liberando la intellighenzia del videogioco, trascende nell’immaginifico. Il suo racconto
s’inerpica drammatico per
illuminare unidea. Un’idea onirica di un luogo fuori dal tempo.
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