T-ZERO di @Luca
Abiusi
Sul
finire degli anni Novanta v’erano più probabilità che si urtasse un iceberg in pieno
deserto che di ritrovarsi un nuovo gioco per Amiga eppure, alla Clickboom, che per
l’occasione chiama a sé un gruppo di programmatori italiani – i medesimi che
anni dopo avrebbero realizzato
Steel
Saviour – si decise
ch’era arrivato il momento di chiudere con un
colpo di teatro. In verità Trauma
Zero (titolo preliminare) era in lavorazione da diversi anni, con la produzione che si
temeva potesse interrompersi a causa della instabile situazione del marchio Amiga, per cui quando
si ebbe conferma di pubblicazione la ancora vasta comunità di amighisti si unì in preghiera in attesa che
il comunicato della Clickboom ottenesse riscontro. E, per intercessione del
dio del videogioco, all’inizio del ’99 T-Zero venne infine distribuito sulle
Americhe e in Europa in formato CD-Rom. Un autentico avvenimento, in quanto si trattava di un progetto importante, uno sparatutto che prometteva di rinverdire i fasti di
Project-X e
Disposable
Hero, che prometteva di fermare il tempo e di far rivivere all’Amiga i giorni lontani
in cui Commodore dominava il mondo.
Naturalmente T-Zero è stato pensato per i
chipset AGA di fascia medio-alta aventi come processore minimo uno 030 e 8 MB di Ram.
Noi lo si è testato su di un Amiga 1200 accelerato con Blizzard a 50MHz e 16 MB di
Ram, benché il titolo si comporti allo stesso modo anche su Amiga 4000.
Piuttosto urge render noto che lo sparatutto bidimensionale di stampo classico, con power-up
à go go e trittico di navicelle selezionabili, sistemi i menu delle opzioni
e di configurazione alla customizzazione, in modo che sia possibile variare effetti grafici quali i colori delle trasparenze e le animazioni
di background. Un gioco che a un primo impatto appare atipico,
diverso dallo shooter tradizionale per tempi e metodi di attacco. Lo spara e
fuggi giapponese, per una volta, non viene preso a modello: si opta per lo
scrolling nervoso e di apparente lentezza che d’improvviso aumenti di velocità, esplodendo e deflagrando
sui bordi di uno schermo che si mette a tremare. Il numero
degli sprite che appresta è generalmente abnorme. Difatti sembra che il
team italiano miri a produrre diffuso il senso di stordimento sulla traccia
dell’attacco furioso, e che poi decida di riscrivere le routine che
determinano l’inerzia per definire la nevrosi del sistema di risposta ai
comandi, fattore che inizialmente potrebbe cagionare qualche problema di
assestamento, mal d’aria, turbolenze, senso di vertigine. In qualche modo i
realizzatori vogliono rifare il sistema di controllo di X2.
Il livello di difficoltà dispone due sole alternative: easy
e hard. Quello di setup è il secondo, ma in fin dei conti non si è riscontrate
differenze significative, tra le due modalità, e ciò che conta è che T-Zero si
realizzi turgido. Sebbene su strati di superficie risulti altressì truce,
l’arnese comincia presto a insinuare la calibrazione e l’interazione seria
appresso la conformazione dei livelli e gli evoluti metodi di sparo.
T-Zero reclama pazienza.
Portanza. Non si pensi di farci partite per
poi abbandonare poiché non è come Thunderforce, perché
allora si farebbe prima ad accendere il Mega Drive. Lo
sparatutto della Clickboom è gameplay alternativo, gameplay occidentale,
gameplay del tipo Team17 e quindi devozione alla causa del game over. E non
accade per caso
di ritrovarsi il livello di manifattura estetica di Rico Holmes: si carica
il CD e si è già pronti
a tastare lo smisurato lavoro di rifinitura degli sfondi, incollati al video
con l’attenzione allo sprite-ingranaggio che si muove. Lo stile vuole una
fantascienza di estremità e metalli, coi cavi che fuoriescono dal pertugio per realizzare
l’ambiente in fibre di ferro e fumi. Le atmosfere del futuro si arrendono
opprimenti a codesta smisurata
quantità di animazioni, per un fondale ipertecnico che vuole vivere di vita propria
figurando bulloni in rotazione, meccanismi di intersezione, scariche di luci
intermittenti. Il suono tiene assolutamente testa a cotanta esagerazione estetica
grazie all’approssimarsi feroce di musiche techno/rave suonate direttamente dal CD,
anche se poi sono gli effetti, quelli estratti dall’inossidabile chip sonoro
a 8 bit di Amiga OCS aventi alle spalle quindici, sedici anni di
progettazione alla silicon valley a lasciare basiti, grazie a
queste esplosioni di avvertibile potenza e ai campionamenti degni di PlayStation. Si
esulti allora, poiché T-Zero è l’ennesimo miracolo videoludico dell’Amiga.
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