BLAZING STAR di @Luca
Abiusi
Con
il megalitico
Pulstar credevamo
di avere visto abbastanza tutto in merito alla guerra spaziale NEO GEO, e sul momento
non ti aspetti che esca questo Blazing Star pieno di sprite
e rigurgitante gameplay molto giapponese, se invero il sistema di SNK sembrasse
volere resistere a questa epoca di grande sperimentazione poligonale dove se
dentro a un videogioco non mettevi le cose tridimensionali ti dicevano che eri
vecchio; c’è ancora chi si vuol fare le partite ai giochi con le navicelle ma
per quanto apparentemente derivativo, Blazing Star adempie a situazioni di annullamento riferibili
a pochissimi altri videogiochi di genere. Sarà
la dinamica, nonostante l’assetto grafico importante, a realizzare le migliori virtù
della opera Yumekobo. Sarà la meccanica evoluzionista dello scontro con i boss a
determinare il capolavoro sulla via della assunzione di schemi che insinuano lo
strato più superficiale del cerebro, sicché a venir fuori sia una certa
progressione sistemica, piuttosto che la
funzione mnemonica, sebbene l’arte del “pattern” rimanga
latente a
dirimere le fasi culminative della distruzione.
Le dottrine dello spara e fuggi retrostanti Toaplan, che
poi sono (erano) le tecniche di cancellazione dello sprite aventi a mire uniche
l’abbattimento dell’ostacolo, del nemico, con Blazing Star si agganciano in cardine ai
sistemi di punteggio del manic shooter. Assai ramificato è il metodo di
scatenazione dei punti resi in rapporto ai fattori di tempo e di luogo, per
cui l’accumulo
del bonus moltiplicatore diviene tale nel momento in cui vi è una effettiva urgenza di terminazione
incrociata delle formazioni d’attacco avverse: l’incipit per l’azione di breccia del
limite della hit si manifesta con l’ANGEL. E dunque a reso ottenimento
della corona d’ali ci si lancia al terso abbattimento delle barriere dello spara e fuggi
pensato a chiosa del divertissement da randellata & fuga, per cui si assiste
all’abbandono possibilmente ultimativo del disgregare mondi bidimensionali leggeri in
appoggio di una cultura di sparo a grande ibridazione, che sostenga decisa il tramandare
della tradizione razionalista della Konami e che, pure, appoggi il bisogno di plusvalenza
e hi-score del nuovo Giappone che uccide. Yumekobo opera con l’erezione. È chiaro. E
mentre che s’ingrossa di strumentazioni inguinali in forma di beam dà pure lezioni
di level design a Cave, a Raizing, a Seibu, a Konami. Dispensa, quindi, uno
scorritore che mette in confluenza complementare due branche dello sparatutto
apparentemente discoste di dieci anni tra esse, ma evidentemente imploranti di un moto
d’accosto che rivelasse copulazione tra atto maniacale e consumo
disimpegnato. Se non che, allora, il pezzo di silicio si dispone in vetta alla catena
alimentare dello shooter.
E ancora osa, Blazing Star, sull’estensione
del fondale in occasione di parallasse, sull’animazione gigantica. Osa
nell’ostentare la renderizzazione, il design dei meccanismi e il character design.
Addirittura sconfina a crearsi incredibili i modelli precalcolati delle astronavi
e le basi di lancio nella intro in full motion video, per rendere una
situazione di paresi
e continuare ancora al quadro due mediante l’effetto tridimensionale
della galleria, che scorre iperfluente in prospettiva e senza l’ausilio di
alcun microchip dedicato. Così che poi, a Blazing Star, non gli possono dire
che è vecchio. Durante lo svolazzo succede di assistere a queste mobilitazioni
di background che è chiaro che sono pensate per funzionare in
parallelo al campo visivo, in un esperimento strettamente filmico in cui nell’orizzonte
e a notevole distanza si vede questo bastione portaerei volante che espelle
i ricognitori, che poi successivamente irromperanno a pieno schermo come se
in piano sequenza. Il microdettaglio è inaudito: a interagire tanto coi
cingoli intarsiati a ingranaggio che con le strutture binarie che ne
definiscono la base in playfield, robusto si verifica l’apice
tecnico dell’hardware SNK allorché si denota il rallentare strategico degli
oggetti a display, e finisce che ti piace anche. La colonna sonora è come te
la aspetti. Suona potente, accelera velocissima in accordo agli effetti
tutti quanti campionati, in quest’inferno assordante di cataclisma tipo
sturm und drang che però tuttavia non sovrasta la linea acustica
primaria, tale così da aggirare i limiti di amplificazione stereo del NEO
GEO, il quale si trova a dovere ambire a tanto di nuove frontiere dell’audio
digitale, affianco a un Thunder Force V
e a una bestia munita di braccio prensile
testé uscita su PlayStation.
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