RAINBOW ISLANDS: The Story of Bubble Bobble 2
di @
Luca Abiusi

rainbowcover.png (48953 bytes)Fa sua comparsa il successore di Bubble Bobble, che finalmente colora lo sfondo e che opportunamente reca la variazione del gameplay: per mezzo degli arcobaleni si deve adesso attraversare codesti spensierati mondi di ragni, farfalle e un certo numero di oggetti rotondi. La grafica, minimalista nelle sembianze, esprime il disegno dell’infanzia e può contare sul character design di artefazione del pupazzo. Grazie all’MC68000, processore che veniva utilizzato anche da Capcom e Sega, gli elementi scenici si arricchiscono sul profilo cromatico e consegnano, inoltre, una quantità di sprite ben superiore in raffronto alle schede antecedenti. Un titolo enormemente giocabile, questo Rainbow Islands, che pure orfano di una modalità per due giocatori simultanei riesce a garantire il divertimento tipico della scuola Taito.

Entro la via dell’intuizione delle estetiche-giocattolo viene portato omaggio a Over the Rainbow, che fa l’innocenza di quando si guardava il Mago di Oz, sebbene poi nelle raccolte venture Taito avrebbe deciso di incidere altro commento sonoro, per risparmiare sui diritti. Rainbow Islands. Videogioco di manovra e di struttura, materializzazione del gameplay a uso di tutti, questo componimento di quadri e livelli che procede uniforme in ascensione come un palazzo, a saltellare sull’arcobaleno un po’ di qua e un po’ di là, trallallero trallallà, voglio il lecca lecca, mamma portami alla giostre. Vige lo stesso discorso fatto con The Newzealand Story e Bubble Bobble, solo che in questo caso il protagonista è carne umana, per la prima volta, e assume le sembianze di un omino paffuto coi calzoni, naturalmente prepubescente nonostante che poi la scuola Taito concluse che i videogiochi dovevano essere degli utensili come di sfere avvicinabili da umanità di larghe età, sette anni, novant’anni. Si vede che il gioco si scansa il convenevole per interloquire, costruire un cliché di pixel tipo castelli che bisogna conquistare, per salvare qualcuno che in qualche modo è stato preso in consegna dalle forze del male, e lo si fa, si accetta di essere salvatori poiché il televisore è il palcoscenico del pastello.

Rainbow Islands rende il meccanismo della trappola. L’arcobaleno serve a farvi stare dentro i lombrichi, i nemici cosiddetti seppur questo sia anche il vettore per la scalata alle postazioni superiori, ché non sempre il salto usa arrivare dove è d’obbligo che si arrivi. Almeno finché su schermo accampi il materiale della commutazione in punti, le caramelle, gli insetti, il videogioco scatena il meccanismo del domino per cui le schiere debbano essere investite al tocco per moltiplicare il bonus, generare icone extra, cristalli di scatenazione. Livelli segreti. La semplicità clamorosa di certe dinamiche vuol determinare anche il fulcro, la caratteristica trainante di platformismo al saltello tra superfici, dove che si insinuano impalcature verticaliste che quindi realizzino questo level design votato alle fissazioni bambinesche delle costruzioni e ci si concede, si persiste all’inseguimento di quest’idea iconografica di brillantezze e colori a matita temperati comperati dalla cartolibreria che faceva sotto casa, cose come accessori di cancelleria, a evolvere le tecniche bidimensionali che furono di Bubble Bobble, allora traghettando la visione del videogioco arcade di metà anni ’80, ormai obsoleta, verso una prospettiva di intrattenimento più moderna. È Nostra volontà ferma di conferire a Rainbow Islands il titolo di opera di interesse culturale, in modo da collocare il medesimo oltre il ghetto del videogioco, in quanto oggetto della raggiunta universalità popolare di massa.











  Piattaforma Coin-op
  Titolo Rainbow Islands: The Story of Bubble Bobble II - レインボーアイランド -
  Versione Giapponese
  Anno immissione 1987
  N. Giocatori 1
  Produttore Taito
  Sviluppatore Taito
  Designers Fukio Mitsuji, Taira Sanuki, Ichiro Fujisue, Kouju Miki, Tatsuji Okuno, Takashi Ohara
  Compositore Hisayoshi Ogura
  Sito Web www.taito.co.jp 
  Sist. di controllo Digitale - Joystick
  Numero tasti 2
  Orientamento Orizzontale - Yoko Mode
  Scrolling Verticale
  Risoluzione 320 x 224
  Formato PCB - Taito 68000 Based
  Emulazione Completa [testato su MAME]
  Genere Platform
  Rarità
  Quotazione 100 - 130 €
  OST Sì [TAITONE, 2005, Scoundrel Records]

 

Nella DOH Island il videogioco rende menzione ad Arkanoid inserendo nemici e suoni di quest’ultimo, sicché al salto si avverta il rumore della pallina che urta i mattoni. Se si muore, si udirà inoltre la musica di game over di Arkanoid. Il boss dell’isola è ovviamente DOH. Operazione analoga accade per la Bubble Island, dedicata a Bubble Bobble. Nel 1988 esce Rainbow Islands Extra. Il titolo, rielaborazione strutturale del precedente, rivede l’ordine originale dei livelli e colloca i nemici in modo differente. Ma grossomodo si tratta dello stesso gioco. Le prime licenze di conversione di Rainbow Islands vennero acquistate dall’inglese Ocean sul finire degli anni ’80 per i trasferimenti su Commodore 64, Amstrad CPC e Spectrum. I tre port, immessi in simultaneo, convincevano. Sulla macchina Commodore il videogioco ha fluide animazioni e un character design definitivamente comparabile al coin-op; le musiche sono ugualmente notevoli. Amstrad CPC è leggermente più lento, ma possiede una superiore colorazione. L’edizione Spectrum, programmata da David O’Connor, è un gioiello: dispone il leggerissimo flicker dello sprite principale, ma realizza per contro una pratica di accosto visuale che resta a tutt’oggi un clamoroso esempio di stile cromatico a otto bit. Nel ’90 i diritti per i formati Amiga e Atari ST furono acquistati da Firebird, che a sua volta commissionò il lavoro delle rispettive conversioni alla Graftgold di Andy Braybrook. Il prodotto finito risultò pregevole oltreché estremamente vicino al coin-op. A seguito della liquidazione di Telecomsoft (che deteneva il marchio Firebird) il titolo sarebbe infine passato nelle mani di Ocean. Curiosamente tanto su Amiga che su ST, e si presume per la necessità di restare all’interno di un unico disco da 720k,  i tre livelli bonus della versione arcade vennero decurtati. Sul fronte console, al Mega Drive spettò la versione Extra (ottima conversione). Sul Nes il titolo ottenne peculiare scrittura su singolo territorio. Accade allora che la versione giapponese (Famicom) di Rainbow Islands sia l’unica delle tre a mantenere la colonna sonora del coin-op, visto che in USA come in Europa questa viene sostituita con un motivetto originale. Ma se graficamente le edizioni NTSC risultavano tra loro identiche, ma nondimeno differenti nel level design dal rispondente arcade, in Europa il videogioco viene riprogrammato da Ocean partendo dal codice della versione Commodore 64 (che era una fedele scrittura del coin-op); ne consegue che il versante Nintendo Pal sarà l’unico a poter garantire un port diretto di Rainbow Islands. Nel ’93 la localizzazione Pal del port Master System, che questa volta fa riferimento alla precedente versione giapponese, non ottiene comparabile sorte: al livello 7 il videogioco va in crash così precludendo ogni possibilità di ultimazione. Il bug sarebbe in seguito stato corretto, ma solo nelle edizioni Pal brasiliane. L’anno prima, in Giappone, era uscita una meravigliosa versione FM Towns di Rainbow Islands Extra avente menu di configurazione di schermata e il suono su CD. Sul medesimo supporto, nel ’93, usciva il Rainbow Islands PC Engine. Che faceva quasi meglio dell’FM Towns. Nel ’96 arriva Bubble Bobble also featuring Rainbow Islands nei formati Saturn, PlayStation e PC; la collection, che contiene i menzionati, realizza altresì una versione graficamente alternativa del secondo. Sempre in merito a Rainbow Islands il tema sonoro che nell’87 cantava Over the Rainbow, da “Il Mago di Oz”, viene qui rimaneggiato. Nel 2005, possibilmente per evitare del tutto eventuali problemi di copyright, nella Taito Memories Vol. II: Joukan (Taito Legends) suddetto tema sarebbe stato completamente rimosso. Bisogna parlare delle versioni Wonderswan e Game Boy Color. La prima è verticalissima. Ha per pupazzo una bambina, il suono dell’arcade e un gameplay di letale funzionalità. La seconda è più che altro una rielaborazione del coin-op... con le musiche di Bubble Bobble.