FLIGHT OF THE AMAZON QUEEN di @Michele
Lias
Delle avventure grafiche non si
ha mai abbastanza. Rappresentano un genere universale, che trascende sesso, razza ed età
di chi con esse si cimenta. In tal senso, la ScummVM è benedizione celeste per chi
nell’epoca della tridimensionalità spinta ha ancora voglia di vedere in bitmap e pensare
a quattro e più assi. La bella notizia in questo caso è che Interactive Binary Illusions
ha deciso che il suo titolo non richiede più oneri economici per essere giocato: ora è
freeware, e viene liberamente distribuito sul sito ufficiale della stessa
ScummVM, oltre
che nelle repository delle principali distribuzioni Linux. Ma veniamo al succo:
un pilota scanzonato e un po’ sfigato, un meccanico nerd, bulli, pupe, uno scienziato
pazzo, un piano per conquistare il mondo e naturalmente un aeroplano. La sceneggiatura di
Flight of the Amazon Queen è un costante omaggio alla Lucas, non solo
quella delle avventure grafiche, ma anche quella di Indiana Jones e Star Wars.
Non si prenda però questa come un’accusa di plagio o pigrizia, bensì come un complimento
agli sviluppatori che in qualche modo sono riusciti a far sembrare tutto molto più
originale di quanto in realtà non sia.
Abbiamo quindi un Joe King dalla lingua lunga e dal
cervello fino, che come da tradizione segue fedelmente il click del nostro mouse per
spostarsi ed interagire con un inventario classico che più classico non si può, malgrado
sia formato da una sola riga di oggetti ordinati con criterio discutibile. I verbi di
Maniac
Mansion ed eredi sono stati sostituiti da icone disegnate con dubbio gusto e prive di
colore (preoccupante reminiscenza di Adventure Game Studio), ma è davvero una delle poche
pecche estetiche del titolo. Infatti, se con un minimo di accortezza si vogliono
aggiustare i filtri in ossequio alle capacità del proprio monitor, quasi non ci si
accorgerà di un tuffo nel passato ventennale, e sarà possibile godere maggiormente delle
colorate ambientazioni amazzoniche, le quali, sebbene incostanti in quanto a ricchezza di
particolari, appagano lo spirito ancor prima dell’occhio per la loro capacità di
assorbire il giocatore. Completano il quadretto le inquadrature ravvicinate, riservate
alle avvenenti fanciulle che il “pilota a noleggio” dovrà condurre in salvo per
dichiarare conclusa la sua avventura nel cuore dell’Amazzonia.
Amazzonia invero buffa e al tempo stesso evocativa,
popolata da molte più persone di quante non ci si aspetti di trovare precipitando in un
fiume che scorre nel bel mezzo del nulla. Non è tuttavia lecito pretendere coerenze
storiche o geografiche da un copione così frivolo, e presto si smetterà di domandarsi
cosa ci faccia una fabbrica di pantaloncini in pelle nel bel mezzo della giungla, o come
possano esistere riferimenti a Disneyland nel pieno degli anni ’40. Tutto questo detto
senza paura di rovinare la trama o parte di essa, poiché la maggior parte delle azioni
avranno luogo in una cerchia ristretta di posti visitabili dal protagonista, limitazione
giustificata dalla sola possibilità di viaggiare a piedi (per la maggior parte del
tempo). A voler ben vedere, sarebbe stato molto meglio dotare Joe King di un motociclo, o
quantomeno di un monopattino, oppure semplicemente prendere una lezione di programmazione
in più e implementare lo spostamento tra luoghi visitati con un semplice doppio click.
Così non è stato, e non si può nascondere una certa frustrazione in alcuni momenti
topici della storia, che per i motivi sopra descritti richiede un intenso, paziente e
ponderato backtracking. Con la giusta dose di tranquillità si può comunque
apprezzare ogni minimo progresso e mitigare queste attese esaminando gli oggetti appena
raccolti o discutendo di nuovi argomenti, e aspettarsi sempre qualche esilarante battuta o
un qualche riferimento alla cultura popolare. Cose che a ben vedere ci piacciono più di
due ore di Grid.
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