Mettere in piedi un’avventura
grafica vincolati a una licenza cinematografica può essere un compito di non trascurabile
entità. Perché se Ron Gilbert e Tim Schafer in
Monkey
Island potevano dar libero sfogo alla loro fantasia creativa, al contrario Noah
Falstein, capoprogetto di Indiana Jones and the Last Crusade, doveva
attenersi ad uno storyboard vincolato all’omonimo film. Per fortuna l’arduo
compito fu assolto a dovere perché quel che ne è venuta fuori è stata un’avventura
grafica, seppur priva di enigmi eccessivamente cervellotici, dotata della giusta dose di appeal
necessaria a fornire appagamento e coinvolgimento al giocatore, tali da incentivarlo alla
rigiocabilità. Non staremo qui a raccontarvi la storia della ricerca del Santo Graal né
da quale animale Indiana abbia mutuato il suo nome: tantomeno non vi annoieremo col
travagliato rapporto padre figlio né con la lotta fra il bene e il male. Permetteteci
solo di constatare che nessuna pellicola, dopo di questa, ha saputo riprodurre un così
ben riuscito cocktail di avventura e ironia conditi da elementi storici di indubbio
fascino: per quanto ci riguarda Indiana Jones e l’Ultima Crociata è l’ultimo vero film
d’avventura partorito dalla industria cinematografica americana.
Per cui se non l’avete visto non è mai troppo tardi per
rimediare. Ma non è compito nostro tessere le lodi della sceneggiatura originale, quanto
piuttosto dare il giusto merito ad uno di quei pochi tie-in meritevoli di essere
considerati, ricordati ma soprattutto giocati. Si potrebbe argomentare che non vi sia
nulla di strano. LucasArts è garanzia di qualità. Ma nostro malgrado abbiamo dovuto
constatare che da diversi anni non è più così, per cui è sempre meglio non dare nulla
per scontato
In buona sostanza Indiana Jones and the Last Crusade è la classica
avventura grafica in stile Lucas. E ciò è bene perché vuol dire che l’interfaccia è uno
SCUMM piuttosto evoluto, quasi identico a quello di Monkey Island, che la storia è
azzeccata (e non poteva essere da meno dato che è la medesima del film) e che il racconto
presenta quel pizzico di autoironia che dà il giusto sapore alla storia – nelle avventure
successive si sarebbe giunti alla pura demenzialità. E così vestiremo i panni
dell’eroe archeologo alla ricerca del padre scomparso che sventa la minaccia nazista, che
combatte contro tutto e tutti fino a incontrare Hitler in persona. Si parlava di SCUMM: la
semplice e geniale interfaccia ci permette, tramite mouse, di interagire con l’ambiente
circostante in tutti i modi che la nostra mente ci suggerisca. Oltre al sistema noto anche
come “punta e clicca” il gioco vanta anche diverse sezioni di azione pura dove,
tramite il tastierino numerico, si dovrà lottare contro i nostri nemici. Siete avvisati:
esattamente come nelle prime avventure grafiche, è contemplata l’eventualità del
game
over.
Starà comunque a noi valutare se risolvere le
divergenze d’opinioni con la violenza, cioè facendo letteralmente a pugni
coi nazisti (con tanto di barra di energia e di stamina) oppure cercando,
nella logica ragionata, una soluzione più indolore. Gli enigmi, comunque, si
rivelano decisamente alla portata di tutti ed è purtroppo proprio la
difficoltà l’unico punto dolente dell’avventura; la terminerete infatti in
poche ore senza bisogno di aiuti esterni. Per fortuna, come sopra
anticipato, si rivela cruciale il fattore rigiocabilità: è infatti possibile
completare l’avventura in svariati modi, e non si parla di finali differenti
bensì di diverse strade per raggiungere il Santo Graal, che diverranno
quindi ulteriore motivo di stimolo. Non a caso viene introdotto l’IQ (Indy
Quotient), un punteggio finale che tiene conto di come è stata portata a
termine l’avventura premiando, sotto forma appunto di un maggior punteggio,
chi proseguirà nel cammino prediligendo l’uso del cervello alla forza bruta.
Per cui non indugiate, perché qualunque sia il vostro approccio avrete di
che divertirvi. Rileviamo infine un comparto grafico di ottimo livello, sia
per quanto concerne le animazioni sia per quanto riguarda i background (la
versione qui recensita è quella Amiga che conta all’incirca 32 colori
simultaneamente) oltre ad un sonoro di tutto rispetto. Chi avesse la fortuna
di reperire una delle molteplici versioni di questo gioco, sia essa PC,
Amiga o Mac, vi troverà all’interno una riproduzione del dario del Graal del
professor Henry Jones di svariate pagine: si tratta di una delle chicche
alle quali purtroppo il mercato corrente ci ha disabituati da tempo.
Chiudiamo questa disamina di Indiana Jones con un consiglio spassionato: una
volta nella biblioteca di Venezia vi invitiamo a soffermarvi a leggere tutte
le targhette affisse sugli scaffali. Troverete un sacco di “aforismi
lucasiani” che, ne siamo certi, vi strapperanno più di un sorriso.