DYLAN DOG: Gli Uccisori di @Luca
Abiusi
Il
loader Simulmondo che usava provocarci estemporanei attacchi di morte ce
lo ricordiamo abbastanza bene, si stava sull’Amiga 600 di cuginum e d’un tratto
diventava tutto nero ma non è che stavamo lì a lamentarci, che di Nostro l’Amiga
2000 lo avevamo preso da neppure un anno e si era ancora nella fase in cui ogni
singolo floppy disk che si aveva la fortuna di provare doveva risultare eccelso
anche se era una cosa da pietrificazione, che ad esempio c’era questo terribile
platform della Gremlin che ci si era convinti fosse un capolavoro, e meno male
che lo si era preso dal trafficante di materiale pirata se no adesso staremmo
ancora a piangere sulle sessantamila lire versate al postino, eppure Gli
Uccisori ce lo comprammo originale. Non potevamo fare diversamente poiché
avevamo tutti i numeri di Dylan Dog, e a vedere manco è un cattivo videogioco
questo di Simulmondo intriso delle sue icone di maledizione, percezione di luogo
vetusto alla Dario Argento di Profondo Rosso è vi è anche il suono introduttivo
di notevole struttura, bellissimo al punto da meritarsi una qualche
rivisitazione. Chiederemo a Simone Pietro Rincione, che dice che fa le musiche.
Traspare un’animazione dobbiamo dire fluente
nel suo falcare come Prince of Persia e quando si performa il salto, ma pure
al mutamento direzionale dove Dylan Dog si esibisce in una slittata di due
metripixel almeno sui pavimenti marmorei e insanguinati del castello del
professor Evil, un santone a cui piace scherzare coi veleni ma si vedrà in seguito che il cuore pulsante del videogioco non è la storia, che deriva
dall’albo numero 5, ma questo stato di complicità coi luoghi che in modo
inspiegabile ti persuade per una ora abbondante di avere a che fare con un
qualcosa di succulento, misterioso che apri una porta e vedi le statue degli
alfieri che vorrebbero osservarti, arazzi di cose inquietanti, scantinati,
dipinti postmoderni, tavoli squadrati lampade lampadari, divani anni ’70
impianti stereo accesi che suonano sinfonie spettrali di pazzi scatenati col
macete, signore in rosso che all’improvviso decidono che vogliono mangiarti
gli occhi maggiordomi, jack lo squartatore, oggetti. Questi si possono
raccogliere e poi eventualmente selezionare attraverso un inventario in cui
si assiste al macabro rituale della Nostra lapide che viene scolpita, un
fatto che sembra inesorabile sulla scorta di quando si viene a collisione
con un nemico che non sai bene se hai colpito, perché mancano gli effetti,
ma se non altro il fotogramma dell’impatto risulta riconoscibile e puoi
continuare a premere a cazzo ecco: il corpo a corpo manca di tecnica.
Salvoché non si abbiano munizioni a sufficienza, condizione difficilmente
ascrivibile primaché un qualche cicisbeo di passaggio ci abbia privato di un
quarto abbondante di erergia, abbattere gli uccisori significa sofferenza e
fastidio.
Al tempo non si riuscì a completarlo non tanto
perché si portasse avversione particolare verso i numerari dell’Opus Dei e gli
attrezzi in cilicio che ne definivano l’autolesionismo, ma perché nel medesimo
periodo era uscito Sensible Soccer e sicuramente saprete come non vi sia verso
di retrocedere agli omini che si passano il pallone, l’animazione del portiere
nano che si tuffa; invero nel 1988 i fratelli Dardari avevano realizzato per
Simulmondo tale Italy ’90 Soccer esercitando un’intenzione di calcismo evoluto,
purtroppo mancando il settore dei movimenti ma anche tutto il resto. Avrebbero
fatto di meglio con World Cup ’90 dietro etichetta Genias dove sono le pillole.
Ci hanno preso la Nostra medicina contro i veleni. Ci hanno invitati a questa
cazzo di festa in maschera di Edgar Allan Poe ma dovrebbero averci versato una
sostanza non identificata nel punch, abbiamo iniziato a dare le mazzate alle
persone ma non si sente niente, o meglio di sfondo hanno messo un loop di
una musica di quelle musichette che si sentivano provenire dai giochi dell’Amiga
del 1992 che si sovrappone all’acustica breve, questo intruglio deve averci
alienato la cognizione spaziotemporale, possiamo per solamente andare avanti e
indietro, ci è assente la cosa della profondità tridimensionale abbiamo
quest’arma, ma è scarica. Un mignottone fornito di coltello ci chiede se per
cortesia le possiamo offrire un lobo del Nostro fegato dobbiamo scappare, e
veloce ma c’è sempre la cosa di non potersi muovere sull’asse ipsilon però ci
sono le scale vediamo cosa c’è sopra, di chi è codesto avambraccio. Una porta,
c’è una porta vediamo cosa nasconde che cos’è quest’assenza di luce, non si vede
niente che cos’è questa sensazione di Nero, di profondo nero.
|
|