SUPERFROG
di @Luca Abiusi

Poi conclusero che Superfrog sta a Sonic come Super Mario Bros. a Samantha Fox Strip Poker. Ma questo già molto tempo dopo la disfatta dell’Amiga. E assai più tardi la caduta di Sega e del Mega Drive. Ma pensandoci il Team17 manco lo aveva preso a modello il platform della Sega, avvicinato più volte alla super-rana in quanto ossessione del momento – ma nemmeno troppo, nel Novantatré, estintasi la fiammata del primo episodio – e perché sembrava che il Mega Drive ce lo avesse più lungo coi titoli da sala giochi, oltre che coi porcospini esclusivi. Quindi in coro a dire che Superfrog sarebbe stato la risposta amighista di Sonic, così tutti avrebbero potuto cominciare a trastullarsi l’uccellino immaginando capriole, zig e zag, trik e trak, saliscendi sull’ottovolante. Ma ovviamente Superfrog è altra cosa. Ma proprio nel level design, nello strato più profondo del gameplay, dove a dimorare è il filamento genetico del videogioco e si può osservarne il roteame colorato sull’Olivetti Prodest connesso via seriale all’Amiga 500. La super-rana è la opera di assoluta maturazione del Team17 per un fattore di identità culturale.

Hanno giustamente realizzato che si potesse trascendere il simplex design dell’import spostando l’oggetto della emancipazione del platformista dentro un involucro strettamente geografico, iperesteso verso diciannove direzioni a far credere che il fantasioso ipermondo di Superfrog non avesse confini. Fastoso, il Team17 della super-rana che prende e accelera in forma stylish per rendere noto che “il processore ECS, abbinato alle funzioni extracosmetiche del blitter, può emulare gli sprite hardware del Mega Drive e applicare una mano di vernice bonus che il Mega Drive può solo immaginarsi” e pure – soprattutto – avvertire che la velocità occupa appena le zone esteriori del saltellamento. Che non è al centro. Poiché al centro di Superfrog ci sta la massa, una quantità sovrabbondante di struttura in bitmap attaccata al video dal pennello grande di Rico Holmes, sempre in ricerca del colore perentorio, del contrasto definito, del contorno rifinito, del disegno levigato. Della risoluzione in Pal overscan irraggiungibile dai televisori NTSC, che avevano meno linee orizzontali. Epperò la massa. Non l’agglomerato delle grafiche. Non solo, quantomeno. La massa. Ovvero il nucleo, il mondo vivente dietro la super-rana dal mantello rosso e degli ambienti dell’intorno. Adiacenze per la cui ispezione ci si impegnerebbero le squamosità verdi e i girini appena sfornati. La massa. Quel che definisce il peso del videogioco a conquista territoriale quale è Superfrog, mina vagante, oggetto non identificato. 

Nulla che non si sia già estirpato dall’omino idraulico e dall’hedgehog tutto azzurro in sessioni di matrice giapponese, si oserebbe dire, ma dopo viene fuori la massa. La mappa. Il cosiddetto level design. Ci si sposta nell’apparente cliché dello schiacciamento dei nemici rotondi, che rilasciano frutti, e dell’upgrade del lancio del girino a forma d’arma – e del mantello a fluttuazione – mentre invece si sta facendo il gioco precalcolato del Team17, il quale convoglia le utenze in carne verso La forma suprema di copertura spaziale obbligando le stesse ad acchiappare l’esatta quantità di monete d’oro richiesta dal livello. Niente sconti. Quindi con il sotterfugio del dover aggiogarsi a meccaniche di gioco elementari il team creativo riesce a dare un senso alla esasperante dinamicità del fu Sonic, che proprio a causa del suo accelerare continuamente lo scrolling si divorava le percentuali di esplorazione. Superfrog è il completamento della idea di videogioco per famiglie. Un Super Sonic Bros. che prende il meglio della cultura arcade del Sol Levante e il meglio della cultura trenziana del gigantismo planimetrico col fine ultimo di recare al platform game quel lembo di evoluzione che tanto in sala giochi quanto su console sarebbe stato scarsamente adducibile. Zitto zitto Superfrog costruisce un universo di consumazione campestre e corridoi sotterranei a comparsa, di trappole e manopole di attivazione, di slot machine di intermezzo e shoot ’em up occasionali che ancora non si conosceva – non del tutto, almeno – e che ancora non si era visto anche nello sterminato numero di titoli di genere prodotto dall’Ottantacinque in poi sui tre mercati principali del videogioco. Nel Novantatré accade che Superfrog sia la unica, concreta variazione stilistica del gioco di azione tradizionale.










 

  Piattaforma Amiga ECS / OCS / CD32 / Amiga CD
  Titolo Superfrog
  Versione Europea
  Anno immissione 1993
  N. Giocatori 1
  Produttore Team17
  Sviluppatore Team17
  Designers Andreas Tadic, Eric Schwartz, Rico Holmes
  Compositore Allister Brimble
  Sito Web www.team17.com
  Sist. di controllo Digitale - Joystick
  Numero tasti 1
  Orientamento Orizzontale
  Scrolling Multidirezionale
  Formato Floppy Disk
  Numero supporti 3
  WHDLoad Sì [link]
  Genere Platform
  Rarità
  Quotazione 25 - 30 €
  OST Sì [The AMIGA Works / Allister Brimble, 2013]

 

Nel ’94 il gioco viene riversato su CD32. Islona [Epic Marketing] ristamperà nel ’99 con l’estesa compatibilità agli Amiga muniti di CD-Rom. La versione MS-Dos venne commissionata ad Arden Aspinall dopo che Rico Holmes ne aveva avvistate le notevoli nozioni di programmazione a livello di PC; l’adattamento risulta convincente e sa replicare le grafiche di Amiga oltreché la notevole velocità dello scrolling. La sequenza d’introduzione risulta tuttavia mancante. Nel 2012 il port verrà caricato su GOG. Nel 2013 TickTock Games (Arden Aspinall, ancora) realizza Superfrog HD in formato PlayStation 3 e PS Vita. Nel 2014 questi arriverà su Android, iOS e Windows PC. Sebbene riferibile per gameplay, l’adattamento è comunque discutibile sul lato del character design del protagonista.