VIRTUA STRIKER di @Luca
Abiusi
Nel
’94 il percorso tridimensionalista di Sega-AM2 arriva al suo punto di svolta. I poligoni, che in
Virtua
Fighter muovevano in flat shading, sono adesso rivestiti di
tessuti da una libbra ognuno, per via di questo processore che riesce a
elaborare l’impensabile, a
vedere il Virtua
Striker ergersi in rolling demo ancora, nemmeno in fase di
gameplay. E ancorché il qui detto era tutto il contrario di un simulatore, erano
proprio le simulazioni calcistiche
a dovere misurarsi con la tecnica del coin-op, che non te ne potevi oramai
uscire con un giuoco che non gli tenesse testa a livello di motion capture,
per cui non appena che Konami lo vide iniziò a gettare le basi per un simulatore del calcio
munito di motion capture e che fosse in grado di
funzionare su di una console della Sony data in uscita per Natale. Sì, quel
videogioco che inizia con la W.
Urge opzionare una squadra. Ce ne stanno
diciotto, perlopiù inserite secondo blasone, eppure non ci si fa mancare nazioni
calcisticamente svantaggiate come la Korea
o il Giappone, benché nessuna compagine sembri prevalere su di un’altra se
non per talune caratteristiche marginali che a ogni modo non saranno di
ostacolo a una eventuale scalata del torneo; il sistema di controllo a tre tasti – mantenuto tale anche
nelle successive edizioni – consente l’imbastitura di scambi
ravvicinati, di manovre di lancio (o lob) orizzontali e verticali e
nondimeno di tiri in porta caricabili da qualsiasi zona del campo, e questo
già dopo il minuto scarso di gioco, in quanto non hai bisogno di imparare,
che intanto ti è già riuscito di performare tanto di filtrante rasoterra, discesa sulla fascia,
sciabolata tesa e siluro da distanza chilometrica alla Rambo Koeman
che va su e poi atterra direttamente dentro la porta manco fossi un
veterano del gioco calcistico tridimensionale di fantascienza. La
costruzione dal basso mediante un certo numero di passaggi consecutivi,
seppure non del tutto inattuabile con l’utilizzo del radar, è sconsigliata
ai
livelli più avanzati. Da posizione difensiva devi spazzare. Da centrocampo
avanzare palla al piede. Dalla tre-quarti tirare le mine. La fase del cross
al centro è da almanacco del calcio: l’antropomorfo si invola sul margine
periferico della bisettrice di centrocampo,
getta una rapida occhiata in direzione dell’area di rigore e poi tira fuori
questa parabola ellittica da finalizzarsi con un colpo di volo in
avvitamento, una testata o una sforbiciata alla Vialli.
Si necessita di posizionare Virtua Striker
dentro alla Sacra Libreria del Videogioco pur malgrado il suo modestissimo
coefficiente di rassomiglianza tecnico-tattica rispetto alla ricostruita
disciplina. E pure quello di AM2 risulta piuttosto un tributo egualmente
nobilissimo al
“momento calcistico”
nella misura della replicazione delle sue fasi più significative, l’azione
risolutiva che diventa poesia, Italia-Germania 4-3, Maradona al quarto di
finale della Coppa del Mondo del 1986 che sente che deve dribblare tutti
quanti non che ergersi a paladino della liberazione dei popoli contro gli
oppressori, le parate di Lev Jašin, i goal aristocratici di Kroiff, Van
Basten e Roberto Baggio, stop di tacco di Antonio Cassano in una Bari-Inter
del 1999; la cinepresa virtuale posta ad altezza uomo e diretta da uno che
di calcio ne sà, per via di questo carrello fisso sul pallone che sembra che
ti stai a guardare un film di John Huston non si perde un frame, e si ha
cognizione di calpestazione del campo, l’oggetto sferico a esagoni bianchi e
neri cuciti a mano del Campionato Italiano del 1985 dove c’era Michel
Platini risponde a sofisticatissime
routine di attrito e di impatto, colpisce la traversa e dopo rimbalza sulla
riga di porta di questo manto erboso dalle texture di un verde perfetto come
dopo al tiro di Geoff Hurst durante la finale tra Inghilterra e Germania
Ovest del 1966, anche se poi l’arbitro disse che era goal. E quindi niente.
Amiamo Virtua Striker incondizionatamente. In quel di Altamura lo si trovava
alla sala giochi del Naviglio di fianco a cose come
Virtua Fighter 2,
Tekken e
King of Fighters; i
bastardi lo avevano sistemato lì proprio durante USA ’94, di modo che tu lo
vedessi, e non potessi fare di meglio che consegnarti al gioco.
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