Possibilmente
“the most underrated game ever”.
Ovvero un titolo giocabile e divertente, tenuto nella natftalina del retrogaming
semplicemente perché privo di quegli elementi di fascino che sono, allora come ora,
considerati condizione necessaria per avere successo. No, SideWinder non
era molto bello a vedersi: uscito nei primissimi anni di Amiga, per mano dei semi
sconosciuti ragazzi di Synergistic (che l'anno seguente avrebbero realizzato
War in Middle Earth) era
comunque al di sotto degli standard fissati da Menace e Xenon. Graficamente appena
discreto appunto salvo
le esplosioni. Le esplosioni di SideWinder restavano bene
impresse nella memoria di chi lo approcciava per la prima volta: enormi, detonanti,
accompagnate da effetti sonori assolutamente eccezionali che rendevano adeguatamente il
senso di onnipotenza distruggitrice che lo scorrimento cagionava.
Sul fronte ludico non è che ci fosse poi molto da
aggiungere: la navicella in dotazione era quanto di più spartano si potesse offrire ad un
giocatore. Nessun upgrade, nessun powerup, nessun cambiamento nella forma, nessun elemento
accessorio che vi si andava ad aggiungere. Si volava nudi e crudi, senza orpelli o aiuti
di varia natura. Eppure, nonostante questo, bastava pochissimo per far sorgere la sindrome
dell’“ancora una partita e poi smetto”, perché, nonostante la piattezza
grafica, si aveva sempre voglia di andare un po’ più avanti, vedere cosa c’era da
disintegrare nel quadro successivo, quali elementi architettonico-futuristici sarebbero
caduti con fragore sotto i nostri colpi. Eppoi c’era l’atmosfera, quell’elemento che
pochissimi giochi riescono a veicolare in modo efficace: una immensa città futuribile
inframezzata da verdi foreste e natura variopinta e, sotto tutto, il mare, che non era
credibile come in altri titoli, ma che raggiungeva la piena sufficienza da un punto di
vista grafico.
Indovinate chi c’era dietro alla splendida musica
introduttiva? Troppo facile, ovviamente David Whittaker
(ma quante ne ha scritte?), che firma un pezzo d’entrata rock assai suggestivo e in sintonia con l’azione
frenetica del videogioco. Paradossalmente, o forse
proprio per non coprire i notevolissimi effetti sonori, SideWinder, caso più
unico che raro, non ha una colonna sonora d’accompagnamento. Tuttavia il silenzio,
adeguatamente spezzato dalle detonazioni, riesce a restituire un mondo elettrostatico dal
visus limpido, pulito. Progredire in SideWinder è come navigare, solenni,
all’interno di una fantascienza schematicamente fissa ma iconograficamente
pensata per realizzare le manie cromatiche dell’amighista in erba.
Curiosamente, SideWinder sarebbe entrato nel circuito
arcade di Mastertronic (Arcadia Super
Select System) varcando quindi le sale giochi (un Amiga in sala,
pazzesco...) e divenendo in questa versione uno dei videogiochi più rari in
assoluto dell’immenso mercato Amiga. Uno sparatutto molto più che discreto
questo SideWinder
perché, oltre a essere ancora giocabilissimo, gode di un fascino futuristico tutto suo e
difficilmente esplicabile a parole. Lasciate che questo strano mondo blocchettoso parli
per voi, sbrogliando quella che, volutamente o meno, è una sorta di sotto-trama mimetica
dello spaziotempo-ludico. Vi è da dire che SideWinder ha avuto anche un seguito, sul
quale preferiamo stendere una trapunta pietosa, in quanto un semplice velo non basta: non
cercate il sequel, non nominatelo nemmeno, tenetevi il più lontano possibile dal
peggior erede ludico della storia degli sparatutto e dei videogiochi. Tenetevi il primo,
che ancora oggi può contare su di una efficace visione di insieme.