Stiamo
forse parlando del gioco più atteso di sempre nella storia di Amiga? Non so.
Forse sì. Sicuramente ai tempi il concetto di killer application non era ancora del tutto definito (del resto non
lo è neppure oggi), tuttavia se è vera la regola in base alla quale una killer
application è un gioco che vende da solo la console/computer su cui gira in
esclusiva, beh, Xenon 2 è killer application.
Il primo Xenon, realizzato nel 1988, aveva dimostrato al mondo intero il talento, allora
sconosciuto, dei Bitmap Brothers, e la potenza inenarrabile di Amiga, computer
graficamente capace di tutto e di più. Con l’arrivo sul mercato di altri shoot
’em up
e con una fama da mantenere, Xenon 2 rappresentava ai tempi il guanto di sfida che i
programmatori più metallici della storia del videogioco lanciavano ad una comunità
ludica in subbuglio. Bigger, badder, longer.
E così fu. La navicella di Xenon 2, armata al massimo delle sue potenzialità, è ancora
oggi la più devastante macchina di distruzione concepita da game designer, con satelliti
e bocche da fuoco che coprono quasi interamente la linea bassa dello schermo di gioco.
Graficamente sontuoso, Xenon 2 è un inno al metallo e al
materiale semiorganico e rappresenta uno dei momenti più felici nella storia di Amiga. Ma
non è tutto: Bomb the Bass, firma, assieme all’onnipresente David
Whittaker, una colonna sonora epocale, che ancora oggi è ricordata con emozione. Xenon 2
innova anche sul piano della mera giocabilità: per la prima volta, gli strati di
parallasse (ai tempi l’argomento più geek-oriented, oggi tristemente sostituiti
dal bump mapping, il frame per second ed altri ricami tecnici
decisamente meno romantici) avevano una funzione non solo estetica, visto che ci si poteva
nascondere tra gli stessi, per trovare una via di fuga al fuoco nemico, vomitato
copiosamente da avversari davvero ostici. Il sistema di potenziamento dell’astronave
richiedeva una oculata scelta strategica, visto che le armi costavano e costavano caro.
L’obbiettivo ultimo, il sogno bagnato di ogni giocatore era ottenere il Super Nashwan
Power, il potere supremo, l’armageddon distruggi tutto che, in verità, era tanto bello da
vedere quanto poco efficace, all’atto pratico, e ai fini prettamente ludici.
E i boss di fine livello? Grandi più di metà schermo,
perfettamente animati e difficili da abbattere, realizzano la autentica direzione
artistica del titolo, biologico fino alla paranoia e raccapricciante, se vogliamo, nella
visione dello scarafaggio gigante. Pur non viaggiando a 50Hz puri, lasciando quel leggero
flickerio nello scorrimento, possiamo dire che le animazioni tutte siano eccezionali,
comprese le esplosioni. La patinatura luccicante delle superfici, inoltre, è adesso più
che mai il cuore stilistico dei fratelli Bitmap, come sempre influenzati dallo steam delle
superfici bidimensionali. Tutto questo era ed è Xenon 2: Megablast. Titolo eccessivamente
hypizzato potrà obiettare qualcuno. Certo, l’impatto massmediatico dei Bitmap Brothers ai
tempi era davvero notevole e, complice una evidente sudditanza di talune testate
specializzate, spesso i giochi Bitmap ricevevano di default quattro o cinque punti
percentuali in più rispetto al dovuto.
Nonostante lo spettacolo grafico-sonoro offerto, una certa porzione di giocatori
reputa ancora sovrastimato il titolo Bitmap, il quale probabilmente ha come unico difetto
quello di essere leggermente ripetitivo sotto il profilo grafico, dato che i livelli di
gioco, visto il particolare stile adottato, tendono fatalmente ad assomigliarsi tutti
quanti. Abbattiamo la statua dal piedistallo? Nemmeno per idea. Sposiamo alcune delle
critiche, certo, ma ricordiamo bene come era Xenon 2: giocarci, al tempo, era
un’esperienza. E credeteci, lo è ancora.