LA SPADA DEI KAMUI
di @Luca Abiusi

È illegale sostenere che questo non è un film di Yoshiaki Kawajiri. Si dovrà nel merito indire una conferenza stampa di rettifica e dire che le rivendicazioni sul film siano quantomeno da riassegnare, pur malgradoché ai titoli di testa sovvenga sovraimpressa la scritta “regia di Taro Rin”, refuso di traduzione per dentro. Urge restituire giustizia al peso del ruolo trainante, che ne La spada dei Kamui è del “keyframer” Kawajiri, non ci sono dubbi, l’anime intero si riduce al modello archetipale del suo ego a veder questi incidere (recidere) assai oltre la metà dei centoventi e rotti minuti di acrobazia, e di sensazione di vertigine costante, e ancora di cascate di cristalli disco music generati per mezzo d’iniettura quando le spade non volendo incrociassero, sconquassando il perimetro dei corpi e degli scorci bidimensionali; se dal film di Rintaro agisci per paradosso in resezione della parete coreografica pluriangolare acidissima vai anche a distrarlo da questa sua elasticità di stiratura di arti e tronchi sinuosi che ristagnano nel sentiero della pittografia, da cui il design stiliforme di un Moribi Murano – venuto ahinoi a mancare nel 2011 – particolarmente fisso sui risvolti dei volti volitivi, e di questi profili ravvicinati deputati di riflettere la truculenza a oltranza sul vitreo superficiale degli occhi. Non lo vedi mai transigere, La spada dei Kamui. Colleziona croci con fare democratico, da che l'acciaio non usa attuare distinzione tra il bene e il male.

La cinepresa mobile intende scostare l’acustica-stereotipo dei ceppi Tokugawa del XIX secolo, e per dire si ricorre a un revival del sound tipicamente anni ’70, nella chitarra elettrificante lo scolo delle sequenze principali per acclamazione degli dei del rock; al che, osservi materializzarsi a levante un mischiamento di azione psicotropa e uccisione marziale, amputazioni, vendette, tradimenti e colpi di teatro neanche se nel premiato western medievale in cui Toshiro Mifune porta due spade e infilza tutti, compreso il regista, e ma dobbiamo rendere grazie a Ryudo Uzaki & Eitetsu Hayashi, di nuovo, che si meritano di essere nominati, si sono inventati circostanze sonore con variazioni chimiche di pianoforte e cose di tamburi e vocalismi, legni, utensili che percuotono altri utensili per farli scoccare come gli strumenti tradizionali giapponesi di cui viene tramandata l’arte nei dintorni di Shirakawa-go e in similari atolli dimenticati dal tempo. Lo screenplay, composito, di barbarie rifinito acuisce il senso del dramma dovuto alle apparizioni-lampo degli assassini-ninja e ai monaci che sbucano da dietro gli alberi di ciliegio, ed è un continuo tramare, ordire di congiure famigliari patricide che graveranno dall’infanzia all’età che definisce “la strada del guerriero”, che per essere tale deve davvero lasciarsi alle spalle i cadaveri delle persone più prossime. Il guerriero, forgiato dal monaco con l’inganno, dovrà al monaco la sua forza. Che il guerriero gli restituirà a fil di lama.

Ancorché Rintaro sovrintenda lucidamente alle implicazioni del suo mestiere, non essendovi di che rimostrare circa l’affezione con cui il regista riunisce in voce unisona un elaboratissimo contingente di elementi descrittivi e visuali, La spada dei Kamui accusa prolissità nel cercare di coincidere letteralmente i resoconti di Tetsu Yano, anche a costo di compromettere il criterio cinematografico cui ci si atterrebbe per non arrancare nel didascalico, cosa che varcate le frontiere giapponesi tende di frequente ad accadere, allorché si attraccano le Americhe dei nativi e s’incomincia un ampolloso percorso itinerante di omaggi al romanzo picaresco – il protagonista Jin avrà modo di incrociare nientemeno che Mark Twain – come al cinema di Fred Zinnemann, nella riscrittura all’arma bianca di “Mezzogiorno di fuoco”; viene ordinato un ulteriore rullo di pellicola lì dove bisognava più realisticamente mettersi a tagliare, a snellire un montaggio che almeno fino alle mirabolanti diatribe del Giappone in costume era accaduto conforme a una linea di ripresa di sobrio ascendimento del kenjutsu... e di Kawajiri, in ragione dello strascico iconografico/marziale, e quindi carnale, che dobbiamo nuovamente attribuirgli in quanto inimitabile e discernibile marchio. La spada dei Kamui professa il suo mantra dietro l’onere della ostentazione, ma tra i suoi acuti creativi statuisce uno spaccato d’imponenza umanistica manifesta, pure rispetto al veicolo di trasmissione che può essere l’home video. Sebbene si debba sempre parlare di cinema, quel feudo inaccessibile dove si fabbricano i sogni.









  Classificazione Film d’animazione
  Titolo originale Kamui no Ken - カムイの剣 -
  Provenienza Giappone
  Prima immissione 1985 / Cinema
  Produttore Madhouse
  Regia Rintaro
  Fotografia Iwao Yamaki
  Soggetto Tetsu Yano, Mori Masaki
  Character design Moribi Murano
  Mechanical design Katsumi Itabashi
  Dir. animazione Takuo Noda
  Compositori Ryudo Uzaki, Eitetsu Hayashi
  Sito produttore www.madhouse.co.jp
  Formato DVD-Video
  Edizione Italiana [Yamato Video]
  Anno edizione 2001
  Numero supporti 1
  Lingue JP / IT
  Sottotitoli IT
  Rapporto 1.33:1
  Compatibilità Region 2
  Durata 132 min
  Episodi //
  Reperibilità Buona
  Prezzo 9 € circa
  OST Sì [The Dagger Of Kamui Original Soundtrack, 1985, Kadokawa Records]

 

Il film viene proiettato nelle sale giapponesi nel corso del 1985, dietro distribuzione Toei Company. Sarebbero seguite, ancora per il Giappone, edizioni in VHS e Laserdisc. In Nord America, una edizione VHS accorciata di 22 minuti per necessità di censura viene prodotta da Celebrity Home Entertainment nel 1987 col titolo “Revenge of the Ninja Warrior”. Nel ’95 sarà l’etichetta Best Film and Video Co. a realizzare per le Americhe un primo uncut col nuovo titolo “The Blade of Kamui”. Sulla base di questa versione, AnimEigo presenterà agli inizi del 2000 un versante rimasterizzato, e sottotitolato, per formati DVD. Nel 1997, in Italia, sarà Yamato Video a proporre il film in VHS, doppiato e senza censure. Seguirà nel 2001 il remaster in DVD, tuttora in catalogo.