THE THREE STOOGES di @Andrea
Chirichelli
Nonostante
Cinemaware avesse sempre puntato sulla assoluta originalità dei personaggi, pur
se inseriti in background riconosciuti e riconoscibili per i suoi giochi, una
volta cadde nel tunnel della licenza, accaparrandosi la possibilità di sfruttare
volti e repertorio de “i tre marmittoni”. Alias i tre Stooges, gruppo comico di
grande successo nell’America degli anni ’30, secondi solo a Chaplin e Keaton per
popolarità, ma poco noti nel resto del mondo. A detta di molti The Three Stooges è il meno riuscito tra i
numerosi giochi Cinemaware, ma proprio perché il peggio della casa americana corrisponde
al meglio di centinaia di altre software house, magari ancora in vita, è giusto
recuperane memoria per scoprire che, in fondo, nel percorso intrapreso dalla più
importante casa della fine degli anni ’80, anche questa pietra è miliare e utile a capire
la filosofia che stava dietro alle produzioni di quell’indimenticabile periodo della
storia.
La trama è banale: il classico orfanotrofio in difficoltà e la solenne promessa da parte
del trio, alla piangente nonnina di turno, di trovare i soldi necessari al salvataggio e
alla ricostruzione. Siamo nei paraggi del gioco multievento: cosa positiva, perché la
struttura del titolo permette di ricreare gag a profusione e di sfruttare le enormi
potenzialità dell’Amiga per schermate di grande impatto grafico con digitalizzazioni
à
go go e suddivisione degli schermi in stile De Palma. Cosa negativa perché il tanto
arrosto a disposizione viene cucinato poco e laddove potevano esserci decine di
sottogiochi, ahimè, ne vengono implementati solo una mezza dozzina. Il clima ameno e
spensierato dei film degli Stooges lo ritroviamo nella sequenza delle torte in faccia,
della frenetica corsa sulla barella all’ospedale, nella caccia alle ostriche. Ma la
eccessiva semplicità con la quale il team Cinemaware propone questi spunti ludici rende
l’intero progetto più simile alla grande occasione mancata che al cult-game da provare
e giocare ad ogni costo. Fatto inconsueto per il team
statunitense...
Va detto che, indiscutibilmente, il tributo reso da Cinemawere verso il trio comico è
storicamente importante. La professionalità con cui vengono ripercorse le tappe
cinematografiche più importanti degli attori rende trasparente la passione che i
programmatori avevano per il fenomeno degli anni ’30, che per quanto poco conosciuto al di
fuori degli Stati Uniti resta apprezzabile per via delle divertentissime gag. Graficamente
The Three Stooges presentava una pulizia grafica fuori dal comune, e molte delle sequenze
arcade erano davvero ben fatte sotto questo punto di vista. Si pensi alla definizione del
tappeto nella sequenza con le torte in faccia e le eccellenti animazioni dello scenario
ospedaliero. Rispetto alle restanti produzioni Cinemaware le fasi interattive risultavano
meno incisive sulla risoluzione ludica finale, ma pur sempre gradevoli da intraprendere
nella continuità della storia. Storia che riprendeva, digitalizzando i punti cardine, le
atmosfere del bianco e nero originale colorandole elettronicamente, seguendo così la
tristissima tendenza (abusata verso la fine degli anni ’80) di manipolare i vecchi
classici. Quantomeno, nel caso specifico, la mano non è stata pesante visto che, nelle
schermate digitali, il colore è appena accennato e poco invadente. Anche il sonoro era
quasi totalmente digitalizzato, il che conferiva un insperato realismo e una ottima
pulizia degli effetti. Stesso discorso per le gradevoli musichette. Certo, la facilità
con la quale si poteva salvare l’orfanotrofio era deprimente, e la linearità del tutto
rincarava la dose, ma realizzare un incasso maggiore in modo da potersi
“accasare” con le nipoti della nonnina era un buon incentivo alla
rigiocabilità. In conclusione: un ulteriore “Cinemaware” da riscoprire.
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