Consentiteci di menzionarvi la sterminata
pubblicazione epistolare de La révolution surréaliste, tra i Nostri
baluardi da quando convenimmo al credo che il pensiero, per
dirla à la Breton, è un organismo che non sortisce effetti sullo spazio
reale, né ancora percepisce le coordinate morali del raziocinio. Un argomento
Furikuri, sì. Una tempesta di stridii che quintuplicano a titolo di ragazzette in
Vespa e pachidermici ferri da stiro medicalmeccanici che si ergono sulle
genti: al suo debutto alla regia, Kazuya Tsurumaki spiralizza la linea di
scrittura sul collassamento delle parole, disintegrate in polveri una ad una, e
poi dagli addetti alla computer graphics ricondizionate nella forma di scansioni
digitali ad alta risoluzione. Non un affare un tanto al chilo. Ma oseremmo dire,
nevvero, un maxi dosaggio di locura somministrabile a intenzione
riproducente, una pandemia che si manifestasse a pustole e
protuberanze dalle quali potessero aver crescita certe creature catodiche
specializzate in economia domestica e combattimento robotico avanzato; il
potenziale pastiche, inseguendo le controtempistiche del basso –
elettrico – di codesta Haruko, mina vagante/detonante dell’anime,
deterrebbe più in accortezza il metodo della “realtà superiore” ritrovabile
in Rimbaud, così a voler scomodare i pionieri.
Ma non si pensi che Gainax, rimasticante il tema
dell’ambiguità molesta, intendesse con FLCL limitarsi ad arringare gli sfrenati
seguaci di Sadamoto, quegli otaku a piede libero che solevano struggersi
a tutto il ’99 sulle semi-nudità di Fushigi no
umi no Nadia. Di sicuro, il character designer – ma anche il
direttore dell’animazione Imaishi: nel 2007, prima dello Studio Trigger,
avrebbe diretto Gurren Lagann – non si tira indietro neppure minimamente;
certuni sfrontatissimi primi piani si caricano di eroticità e proverebbero a
infierire, se potessero, ma pure è il bipolarismo di Tsurumaki a porre
sottosopra l’ordine di causa-effetto e a mettere in dubbio i fondamenti della
narrativa seriale, ora che i disegni, pur sperimentali, altresì avanguardisti
non sarebbero da soli arrivati a servire uno scenario di tale scomponimento della struttura diacronica del verbo, che suòle decantare le sottoculture pop,
indi commettersi
di un’accezione sovraunitaria e definitivamente staccarsi dal predicato. Gli usi
e i costumi del mero cinema conservatore, a distanza di un anno dall’uscita di
Hana-bi (Takeshi Kitano, voto 8.5, ma forse anche 9), vengono bollati di
tossicità; i tempi erano fertili per tentare di fuoriuscire dal seminato filmico
linearista, che non si doveva aver timore di zoomare, roteare, tagliare,
scarrellare, storybordare alla cazzo di cane gli intervalli dello
script, incavando con pennino surface pro direttamente su monitor
Philips CM8833-II.
Al montare della seconda metà degli anni ’90 i
“The Pillows” influenzano il pattern teen-ager modaiolo delle borghesie
giapponesi più sterilizzate, tipico cravattismo hipster e un timbro elettrorock
archetipale dobbiamo ammettere meritorio, ma non quanto le tracce che il gruppo
incise per FLCL, un’onda a distorsione radio qual è “Sleepy Head” o il “Ride on
Shooting Star” che li avrebbe consacrati al visibilio delle platee
internazionali. E al privilegio del vinile doppio, stampato nel 2019 da
etichetta Anime Limited come rimando alla coscienza analogica dell’anime,
che malgrado l’uso della post-processione digitale resta disegnato a mano. Lo stato di culto dell’opera di Tsurumaki è un evento
sinergico. Si consuma col sovrallineamento dei suoi fattori in proporzione di
fracasso sembrante, nel dove il dislocarsi del compartimento scenografico segue
il tempo delle trame acustiche frementi, che son quelle degli strumenti Gibson
che divengono testate a gittata balistica o altrimenti mazze con le quali
spedire gli autogeneranti corpi di polizia speciale agli inferni delle robe
psicotermiche, ma va fatto con stile, magari riesumando il completo a giacca
rossa di Lupin III o anche il vestimento da coniglietta di Playboy del Daicon IV,
ché l’omaggio a Hideaki Anno era tra le clausole del contratto siglato presso
l’antica sede ubicata in Koganei-shi, che è possibile intravvedere ai titoli di coda
un po’ simili a quelli de
Le situazioni di Lui &
Lei.