Si
è restii a distribure risa; uno se la prese in virtù dell’esserci astenuti dal
plaudire a una sua storiella con le pernacchie, e un altro ancora arrivò a
scompagnare solo perché gli dicemmo che era meglio se i testi glie li scriveva
Makoto Shinkai, così da gloriarsi d’involontaria comicità almeno e a esser larghi, negli ultimi vent’anni si è accondiscesi nove volte. Cinque
delle quali in occasione della visione de Le situazioni di Lui & Lei, terza
direzione televisiva di un Hideaki Anno in vena vacanziera, e che ha il dovere
morale d’improvvisarsi mattatore dopo essersi per anni sorbito il piagnisteo di
Shinji Ikari, ché le sue intenzioni sono chiare: fare intrattenimento.
L’introspettivo sentimento che si avrà più avanti occasione di investigare, i
fermoimmagine che traducono la staticità emotiva, e i semafori e le strade
strette, i tralicci della corrente possiamo dire che fanno parte della promozione tutto
compreso che il regista propende di offrire da quando venne folgorato dall’idea
di Punta al Top! Gunbuster, e son cose che ci si aspettava di ritrovare, ma
d’inverso
non si poteva presagire questa brillante linea ironica di fonosimbolismi
che aumentano la recepibilità delle battute a scarto di fotogramma, così che l’onomatopea
sostituisse il verso, le animazioni, il suono parlato di
fuori campo.
Il nuovo Hideaki Anno consumato scrittore di
commedie giuoca il tempo dello sketch, e privo di uno straccio di manuale d’uso
declina la dialettica stramboide di Urusei Yatsura. Ch’era successo di
riconoscerla tanto in Nadia come in alcune fuggevoli righe di Evangelion
l’occasione di genere scherzoso, una Misato Katsuragi che sa intrattenere più di
quanto il copione non raccontasse, e il cui protocollo comportamentale resta
utile a questa versione estremamente customizzata dell’opera di Masami Tsuda; la
mangaka, colta da irrefrenabile egotismo, e sebbene che Anno non avesse di fatto
intenzione di emendarne lo stile ma bensì di svilupparne uno a norma di
percezioni mentali e metaforiche, fece in modo di ottenere il cambio della regia
generale, che a partire dal diciannovesimo episodio passa nelle mani di Kazuya Tsurumaki.
In ritardo rispetto al disegno radiante dell’autrice, che suo malgrado faticherà
a ottenere dal regista di FLCL
– nel ’98 in corso di produzione – il radicale cambio di traiettoria che si
era auspicata là dóve diceva di volere situazioni più shōjo, meno
complicate ignorando tuttavia che Tsururiri era uno che se voleva astraeva quasi peggio di
Hideaki-san, cosa intuibile dal suo aguzzo resoconto finale, atto
premeditato, sospeso e fisso a uno strato nebbioso di serendipità e
indeterminazione, incertezza sui vincoli che cristallizzano in gioventù, e che
dissolvono al transire della età adulta.
Ma resta notabile la perdita di ritmo “vocale”
sui rimanenti nastri. Con tutto l’impegno che il supplente ci mette nel
mantenere vigile lo spazio d’incollatura con i precedenti diciotto, mancherà, al
nuovo lavoro di regia, il tocco umoristicamente stralunato di quel tizio lì che
era stato fatto fuori per eccesso di competenza, dimodoché si imporrà quest’anime
di caratterizzazione frizzante da estimare in luce di penombra, carrello
a precedere Lei che scappa via alle sette di sera con media apertura di finestra
dōjinshi superdeformante autografata Tadashi Hiramatsu che però non è
abbastanza; in elenco stavamo cercando il numero di telefono della Gainax che le
si voleva chiedere perché mai da un certo specifico tratto la serie diventa così
pericolosamente addomesticata, non brutta ma in verità carente di un che di
fluenza narrante tale che sembra di stare a leggersi un manga sentimentale
scritto secondo un punto di vista femminista, ma sarà stata l’impressione.
Menzioneremmo il tastierismo di Shirō Sagisu, così per protesta. Ne udimmo il
suono a un raduno segreto di cinefili dell’anno scorso dove veniva proiettato il
DVD di Ai City - La notte dei cloni, l’esatto contrario di Kare Kano ma che
nondimeno dà un quid sul retroterra compositivo del musicista, il cui
apporto è affatto marginale nell’intonarsi al vestito di Yukino Miyazawa. E al
suo stato d’animo, dobbiamo supporre. Serie degna di culto. Ce la siamo di
recente guardata di nuovo poiché bisognevoli di risa, restii come si è a
distribuirne.